Camera

Mozione - Transizione ecologica, indipendenza energetica, competizione interna all'Ue; l'Italia vada a testa alta in Europa

Data: 13/12/2021
Numero: 1-00562 / Mozione
Soggetto: Camera dei Deputati
Data Risposta: 18/02/2022

La Camera, 

premesso che: 

dal 1° al 13 novembre 2021 a Glasgow si è svolta la Cop26 sul clima, sede deputata a effettuare una revisione degli impegni per realizzare riduzioni quantificabili delle emissioni di gas a effetto serra previsti dagli Accordi sul clima adottati nell'ambito della Conferenza Cop21 di Parigi nel 2015; 

i negoziati hanno portato all'adozione del Glasgow climate pact, che ha fissato, tra gli altri, l'obiettivo minimo di decarbonizzazione per tutti gli Stati firmatari: un taglio del 45 per cento delle emissioni di anidride carbonica al 2030 rispetto al 2010, che dovrebbero poi arrivare a zero intorno al 2050; 

tra gli obiettivi della Cop26 di Glasgow figurava anche il rafforzamento della collaborazione tra i governi, le imprese e la società civile per un più efficace raggiungimento degli obiettivi, sancendo il ruolo importante svolto dalle realtà produttive e dai siti industriali in tali processi, e i risvolti sulle medesime imprese sia in termini di produzione che di occupazione, soprattutto nei settori in cui appare più difficile abbattere le emissioni di anidride carbonica e per le imprese operanti in settori ad alta densità energetica; 

in ambito europeo il 14 luglio 2021 la Commissione europea ha adottato un pacchetto di proposte legislative che definiscono come si intende raggiungere la neutralità climatica nell'Unione europea entro il 2050, compreso l'obiettivo intermedio di riduzione netta di almeno il 55 per cento delle emissioni di gas serra entro il 2030, denominato Fit for 55 per cent, che intende rivedere diversi atti legislativi dell'Unione europea sul clima, il regolamento sulla condivisione degli sforzi, la legislazione sui trasporti e l'uso del suolo, definendo in termini reali i modi in cui la Commissione intende raggiungere gli obiettivi climatici dell'Unione europea nell'ambito del Green Deal europeo; 

nel mese di giugno 2021, con l'approvazione del regolamento (UE) 2021/ 1056 del Parlamento europeo e del Consiglio, è stato, altresì istituito a livello europeo il « Fondo per una transizione giusta », al fine di fornire sostegno alle persone, alle economie e all'ambiente dei territori che fanno fronte a gravi sfide socioeconomiche derivanti dal processo di transizione verso gli obiettivi 2030 dell'Unione per l'energia e il clima e verso un'economia climaticamente neutra dell'Unione entro il 2050; 

a livello nazionale, il più ampio stanziamento di risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), è previsto per la missione « Rivoluzione verde e transizione ecologica », alla quale sarà destinato circa il 30 per cento dell'ammontare complessivo del Piano, pari a 69,93 miliardi di euro, per « intensificare l'impegno dell'Italia in linea con gli obiettivi del Green Deal sui temi legati all'efficienza energetica e riqualificazione degli edifici, mobilità sostenibile, potenziando le infrastrutture e le ciclovie e rinnovando in modo deciso il parco circolante del TPL, per incrementare la quota di energia prodotta da rinnovabili e stimolare la filiera industriale, inclusa quella dell'idrogeno, e digitalizzare le infrastrutture di rete »; 

il Piano per la transizione ecologica (Pte), inoltre, individua otto obiettivi principali delle politiche ambientali dell'Italia: decarbonizzazione, mobilità sostenibile, miglioramento della qualità dell'aria, contrasto al consumo di suolo e al dissesto idrogeologico, risorse idriche e relative infrastrutture, biodiversità, tutela del mare, promozione dell'economia circolare; 

la Conferenza unificata, nella seduta del 2 dicembre 2021, ha espresso parere negativo sulla proposta del predetto Pte. In particolare, la Conferenza ha evidenziato il permanere delle condizioni preclusive all'espressione di un parere positivo, quali: 

il mancato coinvolgimento delle regioni, non essendo stati convocati incontri tecnici bilaterali specifici; un ruolo importante da attribuire alle Autonomie Locali nella definizione della governance del Piano; 

la mancata esplicitazione della gerarchizzazione e dei rapporti tra il Piano di transizione ecologica, il Piano di ripresa e resilienza, la programmazione 2021/2027 e gli obiettivi della Strategia di sviluppo sostenibile;

la mancata chiarezza sulla assoggettabilità a valutazione ambientale strategica, il mancato accoglimento di molte osservazioni tecniche delle regioni e della pubblica amministrazione (in particolare in tema di qualità dell'aria); 

nonostante l'adozione negli ultimi anni di diverse disposizioni in materia di lotta al cambiamento climatico, tra le quali figurano anche la creazione del Fondo per la transizione energetica nel settore industriale e del Fondo per la riconversione occupazionale nei territori in cui sono ubicate centrali a carbone, appaiono del tutto insufficienti gli strumenti messi in campo a sostegno della svolta green delle aziende e dei conseguenti riflessi sul mercato occupazionale; 

scorrendo gli interventi realizzati sin qui, o quantomeno studiati fin qui, si nota il mancato coinvolgimento del mondo dell'industria e delle imprese nell'approntamento delle politiche per il raggiungimento degli obiettivi, assenza che, peraltro, fa sospettare un atteggiamento di accondiscendenza nei confronti dell'Europa che non tenga conto delle nostre specificità produttive nazionali; 

in questo senso è già stato segnalato da diverse organizzazioni di categoria come alcune scelte di politica ambientale a livello europeo rischiano di provocare impatti molto pesanti sulle imprese manifatturiere italiane, soprattutto se non si dovessero tenere nel debito conto le differenze tra le economie dei singoli Stati dell'Unione; la Vice presidente di Confindustria per l'ambiente, la sostenibilità e la cultura ha, infatti, sottolineato come « porre gli stessi obiettivi a tutti potrebbe generare degli effetti distorsivi tra gli stessi Stati dell'Unione (...) se si applicano gli obiettivi di decarbonizzazione in maniera uniforme e indistinta alle economie di Paesi che hanno diversi tassi di industria manifatturiera, si rischia di premiare in maniera del tutto irragionevole quelle a più basso tasso di manifattura e al contempo di penalizzare in modo altrettanto irragionevole quelle che, come la nostra, hanno invece una grande concentrazione di manifattura di livello eccellente »; 

appare evidente che il raggiungimento degli obiettivi dettati dall'Unione europea, finalizzati ad accelerare la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra nei prossimi decenni, non deve comportare un'ulteriore penalizzazione dell'economia nazionale, ma – per contro – favorire la ripartenza e il rilancio della competitività nel contesto mondiale ed europeo; 

la promozione, lo sviluppo e l'impiego delle diverse tecnologie necessarie per dare attuazione alla politica strategica dell'Unione europea per la decarbonizzazione non possono prescindere da un'attenta e circostanziata analisi degli impatti (ambientali, economici, sociali e geopolitici) conseguenti la disponibilità, l'approvvigionamento, i costi e la dipendenza estera dei metalli, dei minerali critici e delle terre rare, indispensabili nella transizione fondata sull'elettrificazione spinta dei consumi e sull'impiego di impianti di produzione elettrica da fonti rinnovabili (quali fotovoltaico ed eolico); 

particolare attenzione dovrebbe, quindi, non solo essere prestata alle problematiche concernenti l'approvvigionamento delle materie critiche necessarie a garantire la continuità del processo di transizione ecologica, ma anche estesa al gas e alle altre fossili importate; 

se è vero che la promozione delle fonti di energie rinnovabili è uno degli obiettivi prioritari dell'Unione europea, altrettanto vero è che in Italia l'affrettata e disordinata installazione di impianti destinati a tale finalità ha in alcuni casi determinato effetti diversi, per non dire opposti, a quelli auspicati. Nei fatti, la duplicazione, rispetto a quelli attivi nel 2009, degli impianti destinati alla produzione di elettricità da pannelli fotovoltaici non sempre risulta bilanciata con l'interesse a garantire un'adeguata tutela ambientale e paesaggistica, volta a tutelare il suolo agricolo, risorsa limitata e non rinnovabile; 

in ambito agricolo, una transizione ecologica netta, sprovvista delle necessarie misure di accompagnamento e di agevolazione, è destinata a pregiudicare la tenuta economica di un comparto che si è mostrato particolarmente resiliente nell'ambito della recente crisi da COVID-19 e protagonista della transizione verde; la recente nota del Cite (Comitato interministeriale per la transizione ecologica), con la quale viene fissato per il 2035 l'anno di cessazione della produzione di auto con motore a combustione, risulta fortemente criticata dall'Associazione nazionale filiera industria automobilistica (Anfia) e dai sindacati, che denunciano il gravissimo pericolo della perdita di oltre settantamila posti di lavoro nel comparto in questione a causa di un'accelerazione troppo spinta verso l'elettrificazione; 

a tacere del fatto di dovere rinunciare a uno dei fiori all'occhiello dell'industria italiana, la filiera del powertrain endotermico; 

lo sviluppo di tecnologie innovative sarà determinante per il completo abbattimento delle emissioni di processi industriali e prodotti, nonché lo strumento per una transizione energetica votata al successo. In tale prospettiva la fusione a confinamento magnetico assume un ruolo di rilievo nella ricerca tecnologica finalizzata al processo di decarbonizzazione, in quanto consentirà di potere disporre di grandi quantità di energia pulita, sicura, virtualmente inesauribile e senza la produzione di gas serra; in tale contesto va evidenziato anche l'investimento, da parte dell'Italia, di dieci miliardi di euro per la messa in funzione di 5 gigawatt di elettrolizzatori, entro il 2030, anno in cui il 2 per cento della domanda energetica nazionale dovrebbe essere coperta dallo « idrogeno pulito »; 

la necessità di rivedere i nostri processi produttivi non può dunque prescindere dalla tutela dell'ambiente e la salvaguardia dei livelli occupazionali; non risulta inoltre in linea con i fini di tutela ambientale la paventata redazione di una direttiva europea che, con il pretesto di contenere le emissioni ed il contenuto energetico, vieterebbe dall'anno 2027 la compravendita e l'affitto di abitazioni aventi una classificazione energetica sotto la classe E con successivo passaggio alla classe D e poi alla C (la compravendita resterebbe possibile solo dall'impegno tassativo da parte del compratore di effettuare entro tre anni i lavori necessari a raggiungere la classe richiesta), atteso che i costi aggiuntivi che si determinerebbero, finirebbero per favorire grandi gruppi finanziari – specialmente stranieri – tra i pochi in grado di potere acquistare centinaia di immobili assumendosi l'onere di sostenere le spese necessarie nei tre anni per il raggiungimento della classe pretesa; 

quanto al tema del « consumo di suolo » l'esame ad oggi effettuato in sede parlamentare, con riferimento in particolare alla rigenerazione urbana, risulta ispirato ad una filosofia legislativa volta a privilegiare l'adozione di regole vecchie ed obsolete non funzionali alla trasformazione delle città, eludendo, in particolare, la questione centrale del recupero dei « centri storici », atteso che, al di là degli edifici che godono di tutele particolari, è importante potere intervenire senza ulteriori vincoli sugli edifici ricadenti in tali ambiti ma privi di pregio o addirittura degradati e pericolanti, certamente privi di significativi elementi volti a contenere il consumo energetico, 

impegna il Governo: 

1) ad adottare iniziative a livello europeo al fine di tutelare le economie dei Paesi membri messe in situazione di gravi difficoltà dagli aumenti dei metalli, dei minerali critici e delle terre rare, di cui in premessa, introducendo dazi di civiltà a carico di quei Paesi che, non rispettando limiti e fini della transizione ecologica, operano sul mercato in spregio agli stessi, con gravi conseguenze sia sulla salute delle persone sia sull'ambiente; 

2) ad assumere con la massima urgenza ogni utile iniziativa volta a sottoporre alla Conferenza Unificata un testo del Piano per la transizione ecologica che, prevedendo con chiarezza il coinvolgimento nell'attuazione dello stesso di regioni ed enti locali ed accogliendo le richieste allo stato formulate, consenta alla stessa di favorevolmente pronunciarsi al riguardo; 

3) ad adottare iniziative per definire obiettivi e percorsi chiari per sostenere le aziende nella programmazione dei percorsi di decarbonizzazione delle stesse e a stanziare adeguate risorse economiche per gli investimenti in tal senso; 

4) nella trasposizione delle normative europee in materia di lotta al cambiamento climatico, ad adottare iniziative per tutelare le specificità imprenditoriali, produttive, e di conformazione del territorio della nostra Nazione; 

5) in questo ambito, a dedicare maggiore attenzione alla nostra industria manifatturiera, definendo percorsi di transizione attraverso scelte che possano sostenere e orientare l'evoluzione dei processi industriali; 

6) a sostenere efficacemente le strategie aziendali di adeguamento ai più elevati parametri ambientali nell'ambito di investimenti in tecnologie e impianti che riducano le emissioni, nonché i consumi energetici e di materie prime; 

7) a orientare gli strumenti e le risorse previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e, più in generale, le risorse pubbliche nazionali ed europee, per creare sviluppo e innovazione industriale in Italia, sostenendo la riconversione di produzioni che avrebbero altrimenti un impatto negativo dal processo di transizione; 

8) a perseguire gli obiettivi di decarbonizzazione promuovendo il rafforzamento delle filiere per la produzione di tecnologie innovative e ad alta efficienza nel settore delle rinnovabili, dell'efficienza energetica e della mobilità sostenibile, favorendo gli investimenti sul territorio nazionale; 

9) ad assumere opportune iniziative di carattere normativo volte a definire il « consumo di suolo », tale per cui si abbia un bilancio netto di suolo pari a zero fra superfici impermeabilizzate e de-impermeabilizzate, come più volte richiesto dall'Unione europea; 

10) al fine di realizzare una vera indipendenza energetica dell'Italia da altri Stati, a sostenere con forza, anche attraverso la specifica destinazione dei fondi a disposizione o che saranno disponibili, studi e progetti volti nel futuro a consentire l'utilizzo del « nucleare pulito », proseguendo ed incentivando nel contempo ogni utile attività ed impegno a favore dello « idrogeno pulito »; 

11) ad assumere, per quanto di competenza, ogni opportuna iniziativa volta a garantire un corretto inserimento paesaggistico degli impianti fotovoltaici ed eolici collocati a terra, e ciò anche mediante l'adozione di specifiche iniziative che ne definiscano più restrittivamente limiti dimensionali e localizzativi; 

12) a mantenere l'attuale regime di incentivi e sussidi destinati ai carburanti utilizzati in agricoltura, favorendo nel contempo, anche con ulteriori risorse economiche, il ricambio del parco macchine nel settore, così che migliore risulti l'impatto sull'ambiente; 

13) a concorrere ad elaborare un piano di politica industriale con una road map italiana per la transizione produttiva nella mobilità sostenibile, come risultano avere fatto altri Stati.

Mozione sottoscritta dai parlamentari: Foti, Lollobrigida, Butti, Rachele Silvestri.

DIBATTITO IN AULA, SEDUTA DEL 15 DICEMBRE 2021

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri in vista della riunione del Consiglio europeo del 16 dicembre 2021

Presidente. Ha chiesto di parlare il deputato Foti. Ne ha facoltà. 

TOMMASO FOTI (FDI). Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, anche il gruppo di Fratelli d'Italia si associa, ovviamente, agli auguri di buon Natale, alla sua persona, al Governo, alle vostre famiglie. Penso anche che lei, domani, quando chiuderà il suo discorso in questa importante sessione europea, non farà mancare il riferimento al buon Natale, soprattutto per ricordare a una certa burocrazia che vi sono dei valori che non possono essere messi in discussione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Vede, signor Presidente del Consiglio, noi le siamo grati dell'attenzione che ha prestato agli interventi dell'onorevole Delmastro e dell'onorevole Ferro, e anche di aver condiviso, come ha detto pubblicamente, numerose delle loro osservazioni. Ci viene però un dubbio, signor Presidente del Consiglio, cioè che il rappresentante del Governo, nel momento in cui ha espresso il parere sulle mozioni, ha espresso un parere contrario alla nostra mozione. Ci chiediamo: ma è mai possibile che non vi fosse un punto nella nostra risoluzione che meritasse attenzione o condivisione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)? Ci sembra un po' strano, perché delle due l'una: o non sono vere - e noi non abbiamo, invece, ragione per dubitarne - le sue valutazioni, o è sbagliata la valutazione che il rappresentante del Governo ha fatto rispetto alla nostra risoluzione o, quantomeno, ad alcuni punti della stessa. Ma, signor Presidente del Consiglio, noi ci auguravamo che lei ci facesse un regalo per Natale, perché quello che ha portato Santa Lucia è, nell'ordine: una fiducia in questa settimana, una fiducia appena dopo Natale, una fiducia la prossima settimana. In buona sostanza, questo Parlamento si riunisce per votare la fiducia sui provvedimenti del Governo e non per discuterli (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Questo ci pare un malvezzo da stato di emergenza politica, a cui poi si accompagna - mi sia consentito - una interpretazione molto elastica della normativa vigente, poiché la nuova proroga dello stato di emergenza addirittura supera la normativa dei due anni, ammesso che si potesse applicare come è stata applicata; come lei sa, infatti, il nuovo stato d'emergenza cessa il 31 marzo 2022, ma il primo stato d'emergenza è stato chiesto il 31 gennaio del 2020. Quindi, anche sotto questo profilo, ci pare che vi sia una certa elasticità interpretativa, quantomeno della norma. Ciò anche e soprattutto perché proprio i dati che lei ha letto, signor Presidente, nel confronto tra lo stesso giorno dello scorso anno ed oggi, parrebbero attestare non un miglioramento, ma un grandissimo miglioramento della situazione sanitaria anche nel nostro Paese, che, nonostante la variante Omicron, che sicuramente desta la nostra preoccupazione, avrebbe suggerito di non deliberare nuovamente la proroga dello stato d'emergenza (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Andando, poi, nel merito delle questioni che verranno affrontate, noi pensiamo che la sua osservazione - che condividiamo - sul superamento delle regole del Patto di stabilità, debba trovare, poi, oltre una dichiarazione di intenti positiva, una concreta risposta in Europa. Questo anche perché la proroga dei due anni, che era stata data per la non applicazione del Patto di stabilità, è prossima alla scadenza. Noi non possiamo pensare che le economie europee, ma soprattutto l'economia italiana debba aspettare l'ultimo giorno per sapere se il Patto di stabilità interno varrà nuovamente (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), oppure sarà modificato e quali saranno le nuove regole. Vede, signor Presidente, c'è un altro tema, un tema delicato, un tema che ha sempre visto la destra politica particolarmente attenta. È quello dell'immigrazione, su cui mi sia consentito di dirle che la sua preoccupazione - che era la preoccupazione dell'onorevole Delmastro, ma che è la preoccupazione di tutti gli italiani - deve essere poi sposata anche sotto il profilo politico. Infatti, quando noi denunciavamo che l'accordo di Malta non sarebbe servito autenticamente a niente (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), la Ministra dell'Interno del Governo "Conte 2" - che è anche la sua Ministra dell'Interno - diceva che da oggi l'Italia non è più sola. Effettivamente, l'Italia non è stata più sola, perché nel 2019 vi erano circa 11 mila sbarchi all'anno e quest'anno se ne calcolano 63 mila (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! In due anni siamo stati talmente da soli che abbiamo sestuplicato il numero degli arrivi! Allora, sotto questo profilo, noi non possiamo diventare l'hub di tutti i clandestini e di tutti coloro che fuggono dai propri Paesi. Proprio per queste ragioni, la destra politica di Fratelli d'Italia ha sempre sostenuto che bisogna aiutare quei popoli là, nelle loro zone, e non pensare di trasferire l'Africa in Italia, perché anche sotto il profilo fisico non ci può stare. Signor Presidente, qui non è solo il fallimento dell'accordo di Malta: ci sono anche le tante false promesse sulle modifiche dell'accordo di Dublino. In realtà, in Europa vi è una netta spaccatura sul tema dell'immigrazione: perché? Perché fa comodo un'Europa del Sud che continui ad accettare i migranti e un'Europa, dall'altra parte, che invece alzi le sue frontiere e dica che qui non si entra. Il principio grande dell'accordo di Malta era quello per cui i Paesi che rifiutavano attraverso le loro frontiere l'immigrazione, avrebbero dovuto accettarla volontariamente perché l'Italia si presentava col cappello in mano e chiedeva: ospitatemene un po'. È evidente che bisogna uscire da questo equivoco, perché questo è un tema che investe la politica nazionale, ma anche e soprattutto la politica europea, perché se non c'è solidarietà su questo tema è inutile parlare di altre solidarietà che si dimostrano solo pelose (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Mi sia consentito di dirglielo: gli italiani che hanno pagato le tasse anche nel periodo della pandemia, quei soldi li versano anche allo Stato perché lo Stato faccia il suo dovere e fermi l'immigrazione clandestina (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), non perché si finanzino le cooperative che fanno business su questa immigrazione clandestina! Ancora, signor Presidente, relativamente a un tema importante, quello dei costi dell'energia, noi diamo atto al Governo che ha preso dei provvedimenti che, però, sono il rimedio, non la soluzione al problema. Dovremmo interrogarci sul perché per tanti anni l'Italia è sbandata su questo tema, non accorgendosi o facendo finta di non sapere che l'autonomia energetica è innanzitutto autonomia politica per un Paese. Se, infatti, un Paese dipende sotto il profilo energetico da terzi, fatalmente dipende anche politicamente da terzi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Però, mi permetta di dirle che la politica green va valutata fino in fondo, perché, signor Presidente, che la Cina sia diventata monopolista sui metalli, sui minerali critici, sulle terre rare, lo sappiamo bene; ma c'è un piccolo particolare che nessuno dice, cioè che quella stessa Cina contribuisce per il 22 per cento alle emissioni globali di CO2, quando l'intera Europa contribuisce per il 6,4 per cento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Non vorremmo che la Via della seta fosse questa. Ultima considerazione: noi abbiamo detto che bisogna essere patrioti. Siamo convinti che quando si esce dal proprio Paese si difenda la propria patria, ma attenzione a certi passaggi, ad esempio sull'automotive, perché una decisione recente del CITE sta mettendo già da oggi in pericolo 73 mila posti di lavoro in un Paese come l'Italia. Noi abbiamo bisogno non di agire sul piano dell'emergenza, ma sul piano di una programmazione seria. E che questo sia uno dei problemi che interessano il mondo della produzione glielo dice soprattutto una dichiarazione del presidente Bonomi dei giorni scorsi. Con il Green Deal dell'Europa diamo soldi al carbone tedesco, perché capita che, mentre le imprese italiane dell'acciaio abbiano innovato in forni elettrici, quelle tedesche stanno aspettando i fondi europei, ma li hanno tenuti a carbone. Questa è la differenza, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), e noi su questo le diciamo di alzare la voce, di fare un'Italia che va a testa alta in Europa, perché quella è l'Italia che noi vogliamo e che noi ci sentiamo di rappresentare (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia - Congratulazioni).

Nell'allegato B del resoconto della seduta della Camera dell'11 gennaio 2022 il testo è stato riformulato, ed ancora nuovamente riformulato così come di seguito in data 18 febbraio 2022

Seconda nuova riformulazione del 18 febbraio 2022

La Camera, 

premesso che: 

dal 1° al 13 novembre 2021 a Glasgow si è svolta la Cop26 sul clima, sede deputata a effettuare una revisione degli impegni per realizzare riduzioni quantificabili delle emissioni di gas a effetto serra previsti dagli Accordi sul clima adottati nell'ambito della Conferenza Cop21 tenutasi a Parigi dal 30 novembre al 12 dicembre 2015; 

i negoziati hanno portato all'adozione del Glasgow climate pact, che ha fissato, tra gli altri, l'obiettivo minimo di decarbonizzazione per tutti gli Stati firmatari: un taglio del 45 per cento delle emissioni di anidride carbonica al 2030 rispetto al 2010, che dovrebbero poi arrivare a zero intorno al 2050; 

tra gli obiettivi della Cop26 di Glasgow figurava anche il rafforzamento della collaborazione tra i Governi, le imprese e la società civile per un più efficace raggiungimento degli obiettivi, sancendo il ruolo importante svolto dalle realtà produttive e dai siti industriali in tali processi, e i risvolti sulle medesime imprese sia in termini di produzione che di occupazione, soprattutto nei settori in cui appare più difficile abbattere le emissioni di anidride carbonica e per le imprese operanti in settori ad alta densità energetica; 

in ambito europeo il 14 luglio 2021 la Commissione europea ha adottato un pacchetto di proposte legislative che definiscono come si intende raggiungere la neutralità climatica nell'Unione europea entro il 2050, compreso l'obiettivo intermedio di riduzione netta di almeno il 55 per cento delle emissioni di gas serra entro il 2030, denominato Fit for 55 per cent, che intende rivedere diversi atti legislativi dell'Unione europea sul clima, il regolamento sulla condivisione degli sforzi, la legislazione sui trasporti e l'uso del suolo, definendo in termini reali i modi in cui la Commissione intende raggiungere gli obiettivi climatici dell'Unione europea nell'ambito del Green Deal europeo; 

nel mese di giugno 2021, con l'approvazione del regolamento (UE) 2021/ 1056 del Parlamento europeo e del Consiglio, è stato, altresì, istituito a livello europeo il « Fondo per una transizione giusta », al fine di fornire sostegno alle persone, alle economie e all'ambiente dei territori che fanno fronte a gravi sfide socioeconomiche derivanti dal processo di transizione verso gli obiettivi 2030 dell'Unione per l'energia e il clima e verso un'economia climaticamente neutra dell'Unione entro il 2050; tuttavia, e la Commissione europea non lo dovrebbe affatto sottovalutare, è l'Europa ad essere colpita, in questo momento, dalla crisi energetica a causa della scarsità di metano, con un'esplosione vera e propria dei suoi prezzi. Una crisi assolutamente non di breve periodo, per ragioni di domanda (per l'incremento dovuto alla ripresa economica, alla fame di gas in Asia, alla ridotta disponibilità di risorse rinnovabili quali la bassa ventosità) e di offerta (per aver evidenziato l'incapacità di soddisfare interamente la domanda nelle attuali condizioni). Al riguardo, è fortemente ipotizzabile che il mondo abbia assoluta necessità del gas naturale, se non altro perché se la Cina vorrà interrompere il trend di crescita delle sue emissioni nel 2030 dovrà necessariamente raggiungere un picco nei suoi consumi di carbone nel giro di pochi anni, sostituendolo quasi interamente con il gas naturale, la qual cosa porterà la domanda di gas della Cina da qui a metà secolo ad aumentare di un quantitativo pari all'intero consumo attuale dell'intera Europa; 

non di meno, il nucleare inteso come sviluppo della nuova tecnologia di fusione è tornato al centro del dibattito energetico, essendo ritenuta la ricerca in corso in detto ambito non la soluzione ma certamente una parte della soluzione alla lotta ai cambiamenti climatici; a livello nazionale, il più ampio stanziamento di risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza è previsto per la missione « Rivoluzione verde e transizione ecologica », alla quale sarà destinato circa il 30 per cento dell'ammontare complessivo del Piano, pari a 69,93 miliardi di euro, per « intensificare l'impegno dell'Italia in linea con gli obiettivi del Green Deal sui temi legati all'efficienza energetica e riqualificazione degli edifici, mobilità sostenibile, potenziando le infrastrutture e le ciclovie e rinnovando in modo deciso il parco circolante del trasporto pubblico locale, per incrementare la quota di energia prodotta da rinnovabili e stimolare la filiera industriale, inclusa quella dell'idrogeno, e digitalizzare le infrastrutture di rete »; 

il Piano per la transizione ecologica, inoltre, individua otto obiettivi principali delle politiche ambientali dell'Italia: decarbonizzazione, mobilità sostenibile, miglioramento della qualità dell'aria, contrasto al consumo di suolo e al dissesto idrogeologico, risorse idriche e relative infrastrutture, biodiversità, tutela del mare, promozione dell'economia circolare; 

la Conferenza unificata, nella seduta del 2 dicembre 2021, ha espresso parere negativo sulla proposta del citato Piano per la transizione ecologica. In particolare, la Conferenza ha evidenziato il permanere delle condizioni preclusive all'espressione di un parere positivo, quali: 
a) il mancato coinvolgimento delle regioni, non essendo stati convocati incontri tecnici bilaterali specifici; 
b) un ruolo importante da attribuire alle autonomie locali nella definizione della governance del Piano; 
c) la mancata esplicitazione della gerarchizzazione e dei rapporti tra il Piano di transizione ecologica, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, la programmazione 2021/2027 e gli obiettivi della Strategia di sviluppo sostenibile; 
d) la mancata chiarezza sull'assoggettabilità a valutazione ambientale strategica, il mancato accoglimento di molte osservazioni tecniche delle regioni e della pubblica amministrazione (in particolare in tema di qualità dell'aria); 

nonostante l'adozione negli ultimi anni di diverse disposizioni in materia di lotta al cambiamento climatico, tra le quali figurano anche la creazione del Fondo per la transizione energetica nel settore industriale e del Fondo per la riconversione occupazionale nei territori in cui sono ubicate centrali a carbone, appaiono del tutto insufficienti gli strumenti prospettati a sostegno della svolta green delle aziende e dei conseguenti riflessi sul mercato occupazionale; 

scorrendo gli interventi realizzati sin qui, o quantomeno studiati fin qui, si nota il mancato coinvolgimento del mondo dell'industria e delle imprese nella definizione delle politiche per il raggiungimento degli obiettivi, assenza che, peraltro, fa sospettare un atteggiamento di accondiscendenza nei confronti dell'Europa che non tenga conto delle specificità produttive nazionali; 

in questo senso è già stato segnalato da diverse organizzazioni di categoria come alcune scelte di politica ambientale a livello europeo rischiano di provocare impatti molto pesanti sulle imprese manifatturiere italiane, soprattutto se non si dovessero tenere nel debito conto le differenze tra le economie dei singoli Stati dell'Unione europea; 

la Vice presidente di Confindustria per l'ambiente, la sostenibilità e la cultura ha, di recente, sottolineato come « porre gli stessi obiettivi a tutti potrebbe generare degli effetti distorsivi tra gli stessi Stati dell'Unione (...) se si applicano gli obiettivi di decarbonizzazione in maniera uniforme e indistinta alle economie di Paesi che hanno diversi tassi di industria manifatturiera, si rischia di premiare in maniera del tutto irragionevole quelle a più basso tasso di manifattura e al contempo di penalizzare in modo altrettanto irragionevole quelle che, come la nostra, hanno invece una grande concentrazione di manifattura di livello eccellente »; 

non solo, ma la crisi energetica sta spingendo l'Italia sull'orlo di un lockdown produttivo e industriale, intere filiere, a partire da quelle legate alla manifattura, rischiano di collassare sotto il macigno degli aumenti in bolletta, con ricadute occupazionali ed economiche potenzialmente devastanti. A parere dei firmatari del presente atto di indirizzo a questo scenario non corrisponde – allo stato – una strategia di medio e lungo periodo da parte del Governo: su una partita così cruciale, che si gioca anche sul fronte geopolitico europeo e mondiale, non si registra infatti né una visione, né un piano di intervento; 

appare del tutto evidente che il raggiungimento degli obiettivi dettati dall'Unione europea, finalizzati ad accelerare la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra nei prossimi decenni, non deve comportare un'ulteriore penalizzazione dell'economia nazionale, ma – per contro – favorire la ripartenza e il rilancio della competitività nel contesto mondiale ed europeo; 

la promozione, lo sviluppo e l'impiego delle diverse tecnologie necessarie per dare attuazione alla politica strategica dell'Unione europea per la decarbonizzazione non possono prescindere da un'attenta e circostanziata analisi degli impatti (ambientali, economici, sociali e geopolitici) conseguenti la disponibilità, l'approvvigionamento, i costi e la dipendenza estera dei metalli, dei minerali critici e delle terre rare, indispensabili nella transizione fondata sull'elettrificazione spinta dei consumi e sull'impiego di impianti di produzione elettrica da fonti rinnovabili (quali fotovoltaico ed eolico); 

particolare attenzione dovrebbe, quindi, non solo essere prestata alle problematiche concernenti l'approvvigionamento delle materie critiche necessarie a garantire la continuità del processo di transizione ecologica, ma anche estesa al gas e alle altre fossili importate; 

se è vero che la promozione delle fonti di energie rinnovabili è uno degli obiettivi prioritari dell'Unione europea, altrettanto vero è che in Italia l'affrettata e disordinata installazione di impianti destinati a tale finalità ha, in alcuni casi, determinato effetti diversi, per non dire opposti, a quelli auspicati. Nei fatti, la duplicazione, rispetto a quelli attivi nel 2009, degli impianti destinati alla produzione di elettricità da pannelli fotovoltaici non sempre risulta bilanciata con l'interesse a garantire un'adeguata tutela ambientale e paesaggistica, volta a preservare il suolo agricolo, risorsa limitata e non rinnovabile. Occorre inoltre considerare che, in ambito agricolo, una transizione ecologica netta, sprovvista delle necessarie misure di accompagnamento e di agevolazione, è destinata a pregiudicare la tenuta economica di un comparto che si è mostrato particolarmente resiliente nell'ambito della recente crisi da COVID-19 e protagonista della transizione verde; 

la recente nota del Cite (Comitato interministeriale per la transizione ecologica), con la quale viene fissato per il 2035 l'anno di cessazione della produzione di auto con motore a combustione, risulta fortemente criticata dall'Associazione nazionale filiera industria automobilistica (Anfla) e dai sindacati, che denunciano il gravissimo pericolo della perdita di oltre settantamila posti di lavoro nel comparto in questione a causa di un'accelerazione troppo spinta verso l'elettrificazione; a tacere del fatto di dovere rinunciare a uno dei fiori all'occhiello dell'industria italiana, la filiera del powertrain endotermico; 

lo sviluppo di tecnologie innovative sarà determinante per il completo abbattimento delle emissioni di processi industriali e prodotti, nonché lo strumento per una transizione energetica votata al successo. In tale prospettiva la fusione a confinamento magnetico assume un ruolo di rilievo nella ricerca tecnologica finalizzata al processo di decarbonizzazione, in quanto consentirà di potere disporre di grandi quantità di energia pulita, sicura, virtualmente inesauribile e senza la produzione di gas serra; in tale contesto va evidenziato anche l'investimento, da parte dell'Italia, di 10 miliardi di euro per la messa in funzione di 5 gigawatt di elettrolizzatori, entro il 2030, anno in cui il 2 per cento della domanda energetica nazionale dovrebbe essere coperta dall'« idrogeno pulito »; 

la necessità di rivedere i nostri processi produttivi non può dunque prescindere dalla tutela dell'ambiente e dalla salvaguardia dei livelli occupazionali; non risulta inoltre in linea con i fini di tutela ambientale l'annunciata predisposizione di una direttiva europea che, con il pretesto di contenere le emissioni ed il contenuto energetico, vieterebbe dall'anno 2027 la compravendita e l'affitto di abitazioni aventi una classificazione energetica sotto la classe E, con successivo passaggio alla classe D e poi alla C (la compravendita sarebbe prevista come possibile solo dall'impegno tassativo da parte del compratore di effettuare entro tre anni i lavori necessari a raggiungere la classe richiesta), atteso che i costi aggiuntivi che si verrebbero a determinare finirebbero per favorire grandi gruppi finanziari i specialmente stranieri i tra i pochi in grado di potere acquistare centinaia di immobili, assumendosi l'onere di sostenere le spese necessarie nei tre anni per il raggiungimento della classe pretesa; quanto al tema del « consumo di suolo » l'esame ad oggi effettuato in sede parlamentare, con riferimento in particolare alla rigenerazione urbana, risulta ispirato ad una filosofia legislativa volta a privilegiare l'adozione di regole vecchie ed obsolete non funzionali alla trasformazione delle città, eludendo, in particolare, la questione centrale del recupero dei centri storici, atteso che, al di là degli edifici che godono di tutele particolari, è importante potere intervenire senza ulteriori vincoli sugli edifici ricadenti in tali ambiti ma privi di pregio o addirittura degradati e pericolanti, certamente privi di significativi elementi volti a contenere il consumo energetico, 

impegna il Governo:

1) a predisporre e sottoporre al Parlamento un piano di medio-lungo periodo volto ad individuare le azioni più opportune per efficacemente contrastare la crisi energetica in atto; 

2) a promuovere l'adozione di urgenti iniziative a livello europeo al fine di tutelare le economie dei Paesi membri messe in situazione di gravi difficoltà dagli aumenti dei costi dei metalli, dei minerali critici e delle terre rare di cui in premessa, introducendo dazi di civiltà a carico di quei Paesi che, non rispettando limiti e fini della transizione ecologica, operano sul mercato in spregio agli stessi, con gravi conseguenze sia sulla salute delle persone sia sull'ambiente; 

3) a valutare con razionale attenzione, senza quindi condizionamenti di natura ideologica, la proposta – se e in quanto formalizzata – di inserire il gas naturale nella tassonomia dell'Unione europea che definisce le regole per la finanza cosiddetta sostenibile, e ciò al fine di evitare che aprioristiche valutazioni finiscano per impattare negativamente proprio sulla transizione energetica che si vorrebbe implementare; 

4) ad assumere con la massima urgenza ogni utile iniziativa volta a sottoporre alla Conferenza unificata un testo del Piano per la transizione ecologica che, prevedendo con chiarezza il coinvolgimento nell'attuazione dello stesso di regioni ed enti locali ed accogliendo le richieste allo stato formulate, consenta alla stessa di pronunciarsi favorevolmente al riguardo; 

5) ad adottare iniziative per definire obiettivi e percorsi chiari per sostenere le aziende nella programmazione dei percorsi di decarbonizzazione delle stesse e a stanziare adeguate risorse economiche per gli investimenti in tal senso; 

6) nella trasposizione delle normative europee in materia di lotta al cambiamento climatico, ad adottare iniziative per tutelare le specificità imprenditoriali, produttive e di conformazione del territorio della nostra Nazione; 

7) in questo ambito, a sostenere la nostra industria manifatturiera, definendo percorsi di transizione attraverso scelte che possano orientare e accelerare l'evoluzione dei processi industriali in senso ecosostenibile, considerando in particolare la criticità costituita dal settore tessile che rappresenta nel mondo la seconda causa inquinante dopo il petrolio; 

8) a sostenere efficacemente le strategie aziendali di adeguamento ai più elevati parametri ambientali nell'ambito di investimenti in tecnologie e impianti che riducano le emissioni, nonché i consumi energetici e di materie prime; 

9) ad orientare gli strumenti e le risorse previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e, più in generale, le risorse pubbliche nazionali ed europee, per creare sviluppo e innovazione industriale in Italia, sostenendo la riconversione di produzioni che avrebbero altrimenti un impatto negativo dal processo di transizione; 

10) a perseguire gli obiettivi di decarbonizzazione promuovendo il rafforzamento delle filiere per la produzione di tecnologie innovative e ad alta efficienza nel settore delle rinnovabili, dell'efficienza energetica e della mobilità sostenibile, favorendo gli investimenti sul territorio nazionale; 

11) ad assumere opportune iniziative di carattere normativo volte a definire un « consumo di suolo positivo » se destinato a riqualificare aree urbanisticamente compromesse e « negativo » se orientato per fini speculativi verso il consumo di zone agricole e aree pregiate, anche mantenendo un bilancio netto di suolo pari a zero fra superfici impermeabilizzate e deimpermeabilizzate, come più volte richiesto dall'Unione europea; 

12) al fine di realizzare una vera indipendenza energetica dell'Italia da altri Stati, a sostenere con forza, anche attraverso la specifica destinazione dei fondi a disposizione o che saranno disponibili, studi, ricerche e progetti volti a raggiungere quanto prima l'obiettivo dell'utilizzo del « nucleare da fusione », proseguendo ed incentivando nel contempo ogni utile attività ed impegno a favore dell'« idrogeno pulito »; 

13) ad assumere, per quanto di competenza, ogni opportuna iniziativa volta a garantire un equilibrato inserimento paesaggistico, rispettoso dell'articolo 9 della Costituzione, degli impianti fotovoltaici ed eolici, la cui collocazione dovrà privilegiare l'uso di aree industriali, zone urbanizzate, aree compromesse, e comunque mediante l'adozione di specifiche iniziative che ne definiscano più restrittivamente limiti dimensionali e localizzativi; 

14) a mantenere l'attuale regime di incentivi e sussidi destinati ai carburanti utilizzati in agricoltura, favorendo al tempo stesso, anche con ulteriori risorse economiche, il ricambio del parco macchine nel settore, così che migliore risulti l'impatto sull'ambiente; 

15) a concorrere ad elaborare un piano di politica industriale con una road map italiana per la transizione produttiva nella mobilità sostenibile, come risultano avere fatto altri Stati; 

16) ad adottare iniziative di sostegno per il comparto automobilistico, anche attraverso il rifinanziamento dell'ecobonus e l'introduzione di ulteriori nuovi e adeguati incentivi al fine di sollecitare i cittadini nella sostituzione di auto a motore termico e maggiormente inquinanti, e a definire politiche di incentivazione specifiche per le imprese del settore, con l'obiettivo di sostenerle nell'azione di riconversione industriale delle lavorazioni, individuando, a tal fine, precise assegnazioni di risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza in ambito di ricerca e sviluppo nel settore dello sviluppo futuro dell'automotive; 

17) ad adottare iniziative per sostenere le imprese nei processi di transizione energetica mediante l'introduzione di un meccanismo di credito d'imposta che permetta alle stesse di assorbire, almeno in parte, gli extra costi derivanti dall'aumento dei prezzi delle forniture energetiche.

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TommasoFoti
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