Camera

Marò Latorre e Girone, odissea giudiziaria senza fine; valga la giurisdizione italiana

Data: 13/07/2018
Numero: 4-00703 / Interrogazione a risposta scritta
Soggetto: MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, MINISTRO DELLA DIFESA
Data Risposta: 15/10/2018

Per sapere – premesso che: 

il calvario dei fucilieri del Reggimento « San Marco » della Marina militare italiana, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, è iniziato ben sei anni fa quando furono arrestati in India perché accusati di aver ucciso due pescatori locali; 

da allora c'è stato un duro braccio di ferro tra l'India e il nostro Paese, che in tale vicenda, e nonostante quattro Governi succedutisi, ha drammaticamente mostrato tutto il proprio scarso peso nello scacchiere internazionale; 

sin da subito il processo messo in campo dall'India nei confronti dei due fucilieri di marina ha fatto emergere dettagli sconcertanti, al limite del ridicolo, dalle testimonianze fotocopia rilasciate da alcuni pescatori sopravvissuti, all'allegato n. 46 che riporta l'autopsia svolta sul corpo dei due pescatori uccisi, che sembrava essersi perso nei cassetti dei tribunali indiani per rispuntare poi ad Amburgo, e che prova che i proiettili che hanno colpito a morte i due indiani non sono quelli in 3 dotazione ai marò; 

come riporta Il Quotidiano Nazionale, in un articolo a firma di Lorenzo Bianchi, infatti, le testimonianze di chi avrebbe assistito alla morte dei due pescatori si assomigliano eccessivamente, come se fossero state scritte dalla stessa persona e opportunamente falsificate in modo da dimostrare la colpevolezza di Latorre e Girone;

nonostante le prove emerse, il Governo indiano continua a dimostrarsi aggressivo nel contenzioso dell'arbitrato, mentre l'Italia ha risposto il 9 marzo 2018 con l'ennesima memoria, che si basa sulla giurisdizione italiana, oltre all'immunità funzionale dei fucilieri di Marina; 

a tutt'oggi si attende ancora di conoscere gli esiti della procedura di arbitrato internazionale: l'udienza finale, che stabilirà quale dei due Stati ha la giurisdizione sul caso e che si sperava potesse tenersi a marzo, secondo la Farnesina è prevista nel prossimo autunno; 

per una strana coincidenza proprio in marzo cadeva il settantesimo anniversario dei rapporti diplomatici fra Italia e India con tanto di logo celebrativo presentato a Delhi, nel mese di ottobre 2017, in occasione della visita del Presidente del Consiglio pro tempore, Paolo Gentiloni; una visita che avrebbe sancito il disgelo nelle relazioni bilaterali dopo la crisi innescata dal caso marò e che ha portato alla firma di sei accordi in vari campi con il Premier indiano nazionalista Narendra Modi;

l'allora Presidente Gentiloni nell'occasione aveva sostenuto: « Penso che il problema, che creava difficoltà tra i due Paesi, sia superato »: nulla di più lontano dalla realtà se si pensa all'atteggiamento aggressivo dell'India alla Corte arbitrale; 

i fucilieri italiani, rientrati in momenti diversi in Italia dall'India dove erano trattenuti, hanno sempre affrontato le alterne fasi di questa assurda vicenda e il processo con dignità e rispetto delle istituzioni, ma il calvario non sembra avere fine; 

dall'ultima ordinanza, la numero 4 del 12 febbraio 2018, firmata dal presidente, il giudice russo Vladimir Golitsyn, si scopre che gli indiani hanno presentato ulteriori « 66 testimonianze e 133 documenti aggiuntivi » per sostenere la richiesta di processare i marò a Delhi; 

si è al quinto Governo che segue la causa e si spera che finalmente venga inserita tra le priorità anche il caso dei marò, ancora intrappolati nell'odissea giudiziaria indiana, dimenticati dalla politica e dalle istituzioni –: 

se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative stiano portando avanti per una positiva conclusione della vicenda dei due fucilieri della Marina militare italiana, facendo valere la giurisdizione italiana ed impedendo il sorgere di una crisi internazionale tra Italia ed India.

Interrogazione sottoscritta dai deputati: MELONI, LOLLOBRIGIDA, FOTI, RAMPELLI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI.

RISPOSTA

Come noto, il Governo italiano ha nominato un collegio della difesa composto da primari avvocati internazionali, esperti di ministeri e dell'avvocatura dello Stato. Le richieste italiane al tribunale arbitrale sono state elaborate sulla base del diritto del mare e del diritto internazionale. Esse sono focalizzate sulla convinzione giuridica che all'Italia spetti l'esercizio della giurisdizione sull'incidente che ha coinvolto la nave Enrica Lexie, battente bandiera italiana e su cui si trovavano alcuni fucilieri della Marina, fra cui Latorre e Girone, nell'esercizio di funzioni anti-pirateria, per conto dello Stato italiano. Ogni ulteriore anticipazione sulla posizione italiana potrebbe avvantaggiare la controparte indiana. Il procedimento davanti al tribunale arbitrale de L'Aja servirà a decidere chi fra Italia ed India abbia la giurisdizione a celebrare un successivo accertamento giudiziario sulle eventuali responsabilità per i fatti che hanno coinvolto la nave « Enrica Lexie » nell'incidente del 15 febbraio 2012. A causa di un inatteso problema di salute di uno dei giudici, il tribunale ha disposto il rinvio dell'avvio delle udienze, previsto per il 22 ottobre 2018, a data futura, da concordarsi tra le parti. L'agente del Governo ha presentato le memorie e contro-memorie italiane, predisposte dal collegio della difesa, nel periodo tra il 30 settembre 2016 e il 9 marzo 2018. L'India ha fatto altrettanto. L'articolato periodo preparatorio si è svolto secondo un calendario stabilito dal tribunale arbitrale con cadenze fissate in base alla prassi internazionale volte a garantire anche, e soprattutto, il diritto di una difesa piena e compiuta da parte dell'Italia. In particolare, con riferimento all'ordinanza del presidente della corte arbitrale Golitsyn citata nell'interrogazione, è stata l'Italia a domandare all'India il deposito di ulteriori documenti, proprio al fine di acquisire elementi aggiuntivi per una puntuale difesa delle argomentazioni a sostegno della tesi della titolarità italiana della giurisdizione sul caso. La sentenza del tribunale arbitrale è prevista, in base alle regole di procedura stabilite dallo stesso tribunale, entro sei mesi dalla chiusura delle udienze. In questa fase dunque non si dibatte della responsabilità penale dei due fucilieri, ma esclusivamente della titolarità giurisdizionale: solo nel successivo accertamento giudiziario potrebbero assumere rilievo prove di natura penalistica. Ciò premesso, con riferimento ai diversi elementi e documenti di dubbio valore probatorio citati nell'interrogazione, posso in ogni in caso assicurare che il nostro team legale è ben consapevole dell'impianto probatorio indiano ed ha già sottolineato con forza davanti al tribunale internazionale l'inaccettabilità delle posizioni dell'India. Il Governo, tramite il collegio della difesa, continua dunque ad essere fortemente impegnato, ed estremamente determinato, nel promuovere e cercare di far valere con la massima determinazione le proprie tesi giuridiche nel corso delle prossime udienze, con l'obiettivo di ottenere il pieno riconoscimento della giurisdizione italiana. Quanto all'auspicio dell'interrogante relativo ai rapporti tra Italia ed India, la ratio del ricorso a procedure di arbitrato internazionale è quella di incanalare le controversie tra Stati su un binario tecnicogiuridico – ove peraltro l'Italia continuerà a difendere con determinazione assoluta le proprie tesi – a prescindere delle più ampie relazioni fra le due parti. 

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.

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