Camera

Modifiche all'art. 4 - Riordino delle attribuzioni dei Ministeri

Data: 07/04/2021
Numero: 4. 28. / 4. 103. / 4. 104. / 4. 105. / 4. 29.
Soggetto: Camera dei Deputati
Data Risposta: 07/04/2021

Disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 1o marzo 2021, n. 22, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri (A.C. 2915-A)

PROPOSTA EMENDATIVA

Al comma 1, capoverso « Art. 57-bis », comma 2, primo periodo, dopo le parole: delle politiche sociali aggiungere le seguenti: , degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della salute. 

Emendamento 4.28 sottoscritto dai parlamentari: Foti, Prisco, Donzelli, Vinci, Butti, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Mantovani.

Nella seduta del 7 aprile 2021 la Camera ha respinto l'emendamento

PROPOSTA EMENDATIVA

Al comma 1, capoverso « Art. 57-bis », comma 4, sostituire il secondo periodo con il seguente: La proposta di Piano predisposta dal CITE è sottoposta a intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131. Conseguentemente, al medesimo capoverso, medesimo comma, quarto periodo, sopprimere le parole: al secondo e. 

Emendamento 4.103 sottoscritto dai parlamentari: Foti, Prisco, Donzelli, Vinci, Butti, Rachele Silvestri, Albano, Bucalo, Caiata, Ciaburro, Ferro, Galantino, Lucaselli, Bellucci.

Nella seduta del 7 aprile 2021 la Camera ha respinto l'emendamento

PROPOSTA EMENDATIVA

Al comma 1, capoverso « Art. 57-bis », dopo il comma 4, aggiungere il seguente: 4.1. Il Piano approvato ha validità per 5 anni. Eventuali proposte di modifica del Piano in vigore, prima di essere approvate dal CITE, sono sottoposte alle procedure di cui al comma 4. 

Emendamento 4.104 sottoscritto dai parlamentari: Foti, Prisco, Donzelli, Vinci, Butti, Rachele Silvestri, Albano, Bellucci, Bucalo, Caiata, Ciaburro, Deidda, Ferro, Galantino, Bignami.

Nella seduta del 7 aprile 2021 la Camera ha respinto l'emendamento

PROPOSTA EMENDATIVA

Al comma 1, capoverso « Art. 57-bis », comma 5, sopprimere le parole: ambientalmente dannosi. 

Emendamento 4.105 sottoscritto dai parlamentari: Foti, Prisco, Donzelli, Vinci, Butti, Rachele Silvestri, Albano, Bellucci, Bucalo, Ciaburro, De Toma, Deidda, Galantino, Gemmato.

Nella seduta del 7 aprile 2021 la Camera ha respinto l'emendamento

PROPOSTA EMENDATIVA

Al comma 1, capoverso « Art. 57-bis », comma 8, primo periodo, sostituire le parole: Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, con le seguenti: Con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400,. 

Emendamento 4.29. sottoscritto dai parlamentari: Foti, Prisco, Donzelli, Vinci, Butti, Rachele Silvestri, Maschio, Montaruli, Mantovani.

Nella seduta del 7 aprile 2021 la Camera ha respinto l'emendamento

DIBATTITO IN AULA

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TOMMASO FOTI (FDI). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, a me pare che escludere dal CITE il Ministero degli Affari esteri, comunque denominato, sia un errore fondamentale, non solo perché per lungo tempo, proprio in termini di politica energetica, si è detto che ENI rappresentava il vero Ministro degli Esteri dell'Italia nel mondo, ma anche e soprattutto perché, con buona pace di chi fa finta di non ricordarlo, presso il Ministero degli Affari esteri, sono costituite due cabine di regia proprio per indirizzare l'azione del nostro Paese in materia di politica energetica. Del resto, una di queste cabine di regia si chiama, non a caso, "Energia ambiente e clima"; aggiungo che è la cabina di regia che definisce la posizione italiana su COP26 e G20. Allora, mi pare fin troppo chiaro - e concludo - che quello di escludere il Ministero della Cooperazione è uno di quei mezzucci che si utilizzano solo ed esclusivamente perché in pochi si vuol decidere per molti. PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rotelli. Ne ha facoltà. MAURO ROTELLI (FDI). Presidente, eccomi. Allora, il CITE, così come pensato e inserito in questo decreto, Presidente, non ci convince e l'abbiamo fatto notare in molti dei nostri interventi. La questione della transizione ecologica è una cosa seria; dobbiamo però vedere come la si intende portare avanti, Presidente. A tutti è chiaro che la definizione, al di là di quelle che sono le operatività del Ministero stesso, è stata alla base dell'appoggio del partito di maggioranza relativa al Governo Draghi. Il fatto di poter individuare in questo Comitato soltanto una parte di quelle che sono le deleghe strategiche da continuare a portare avanti per ottenere determinati risultati è assolutamente inaccettabile.

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TOMMASO FOTI (FDI). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, non voglio sicuramente essere dissacrante e, quindi, voglio prendere per buono quello che dice la norma relativamente al piano che deve approvare il Comitato interministeriale per la transizione ecologica. Proprio per questa ragione un dubbio mi sovviene e cioè quale rapporto intercorre tra questo piano e il Piano nazionale integrato per l'energia e clima (PNIEC), che è stato predisposto dal Ministero dello sviluppo economico, in accordo col Ministero dell'Ambiente e quello delle Infrastrutture, che è stato inviato alla Commissione europea, in attuazione del regolamento (UE) 2018/1999. Vede, in questo piano sono definiti gli obiettivi nazionali al 2030 riguardo l'efficienza energetica, la riduzione delle emissioni CO2, la sicurezza energetica, le fonti rinnovabili, molte delle materie che paiono sovrapporsi a questo piano. Ma a prescindere da questo, l'emendamento evidenzia una questione non di poco conto. Se effettivamente questo è un piano importante, è un piano che, oltre che al Parlamento, non può non interessare alle singole regioni, che, com'è noto, hanno, in questi anni, approvato dei piani energetici regionali a seconda delle situazioni nelle quali si trovavano. Ad esempio, l'Emilia Romagna - lo so perché ero componente di quell'assemblea legislativa - lo ha approvato il 1° marzo 2017. E proprio per questa ragione, il fatto di acquisire soltanto sulla proposta di Piano il parere della Conferenza unificata appare molto pericoloso anche sotto il profilo giuridico perché noi non possiamo far finta di non sapere quanti conflitti di attribuzione in ordine al contenzioso costituzionale si sono sviluppati tra Stato e regioni in materia energetica. Il nostro emendamento, l'emendamento di Fratelli d'Italia cerca quindi di porre un punto fermo a questo piano, e cioè possiamo capire, anche se non condividiamo, che si acquisisca solo il parere delle Commissioni parlamentari, e non il doppio parere delle Commissioni parlamentari, così come, in alcuni casi, è stato fatto, ma sicuramente riteniamo che la strada dell'intesa Stato regioni fosse la strada maestra, quella cioè che risolveva in radice ogni possibile conflitto di attribuzione, ciò che avrebbe semplificato il percorso di questo piano, un piano che, vedremo in seguito, ha molta arte e poca parte, e lo dico per un'unica ragione, perché non si è mai visto un piano che non abbia una scadenza. Tra le tante cose che ci si è dimenticati di introdurre, è la valenza di questo piano: triennale, quinquennale, decennale, non penso oltre perché diversamente, se fosse ventennale sarebbe quasi da regime, ma proprio per queste ragioni io penso, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, che male abbia fatto il relatore a chiederci un invito al ritiro o dare parere contrario, perché questo emendamento sarebbe servito a garantire al piano di poter entrare in vigore senza la mannaia del possibile ricorso per conflitto di attribuzioni da parte delle singole regioni. Vorrei ricordare che in Italia ci sono anche delle regioni a statuto speciale, ad esempio la Sicilia ha autonomamente approvato un piano di autonomia energetica che addirittura individua già 390 energy manager. Ecco le ragioni per le quali io penso di poter sollecitare l'Aula all'approvazione dell'emendamento che testé ho illustrato.

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TOMMASO FOTI (FDI). Signor Presidente, è chiaro che nel momento in cui si vota, indipendentemente dal merito dell'emendamento, ma solo in ragione di una scelta politica, diventa molto difficile riuscire a trovare dei punti d'intesa. Vede, poc'anzi l'Aula ha clamorosamente smentito la Corte costituzionale, che, nella sentenza n. 78 del 2018 a proposito dell'approvazione del Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile, ha affermato che il coinvolgimento decisionale del sistema regionale nella definizione di aspetti aventi diretta incidenza sulla sua sfera di interesse è fondamentale e, non a caso, suggeriva l'intesa. Oggi è strano: tutti parlano di questo Piano, ma è un piano che è indefinito. Noi sappiamo, perché finalmente è stato stabilito un termine - prima era impreciso anche quello - entro cui il CITE dovrà approvare questo Piano, ma questo Piano non ha una validità fissata: non si sa se vale per un anno, per tre anni, per cinque anni. È un Piano, cioè, che viene mandato alla Conferenza Stato -regioni per un parere, visto che avete respinto la richiesta di Fratelli d'Italia volta a introdurre l'intesa, che viene mandato alle Commissioni parlamentari, anch'esse per un parere, ma senza che si delimiti lo spazio temporale in cui questo Piano produrrà effetti. Ora, vedete, non vi sono alibi sotto questo profilo nella indeterminatezza che dimostra come questa maggioranza sia arruffona e disordinata, perché qualcuno potrebbe dire: "Ma al comma 6 il Comitato interministeriale per la transizione ecologica ha dei poteri ben precisi". Certo: monitora l'attuazione del Piano, lo aggiorna in funzione degli obiettivi, adotta le iniziative idonee a superare eventuali ostacoli e ritardi. Bene, fa un lavoro di manutenzione che si può dare tranquillamente come delega al CITE, perché sostanzialmente non incide sul Piano. Ma io chiedo al relatore e al rappresentante del Governo: e se si deve cambiare il Piano, se si deve modificare il Piano, quale procedura si segue? Si segue quella del capoverso precedente che abbiamo discusso, cioè si chiede ancora il parere alla Conferenza Stato-regioni e alle Commissioni parlamentari competenti, oppure le si bypassano e si procede in una modifica unilaterale da parte del Comitato interministeriale per la transizione ecologica? Perché è evidente che sono due procedure del tutto diverse: una, la prima, è rispettosa almeno del Parlamento e della potestà legislativa regionale concorrente; l'altra, invece, fa strame da cavalli di tutto e decide semplicemente il CITE, alla faccia di tutti gli organi eletti democraticamente in questo Paese. E, allora, mi sia consentito di dire: ognuno di noi è stato eletto con il voto dei cittadini; il CITE non lo ha eletto nessuno. Almeno possiamo, visto che siamo eletti, avere il potere-dovere di giudicare l'operato del CITE e, quindi, anche quello delle eventuali modifiche al Piano che vuole presentare e anche avere un termine entro il quale il Piano approvato dal CITE possa avere validità? Fratelli d'Italia con questo emendamento ciò chiede (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

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TOMMASO FOTI (FDI). Signor Presidente, a leggere questo emendamento, probabilmente, molti potrebbero fare un salto sulla sedia, perché è indubbio che dire "sopprimere le parole: ambientalmente dannosi", si pare persone avvezze all'inquinamento o similari. Purtroppo, le norme si puliscono togliendo le imperfezioni che il decreto-legge ha inserito, perché il CITE può deliberare sulla rimodulazione di tutti i sussidi, di cui all'articolo 68 della legge 28 dicembre 2015, n. 221, mentre, secondo questa norma, lo può fare solo relativamente ai sussidi ambientalmente dannosi. Io non ho dubbi che voi respingerete questo emendamento e sono lieto di essere da solo, ma in compagnia del Servizio studi della Camera, che questa cosa ha messo in evidenza molto chiaramente nel suo dossier, a pagina 36, proprio in ordine all'articolo 4, laddove scrive che si segnala che "….la formulazione del comma 5 prevede che il Comitato deliberi sulla rimodulazione dei sussidi ambientalmente dannosi, cosiddetti SAB, che, nella definizione più ampia fornita dalla legge, attengono a incentivi e agevolazioni, nonché esenzioni da contributi che risultano disciplinati da norme legislative. Al riguardo si segnala, peraltro, che, ai sensi del successivo comma 8, le deliberazioni del CITE sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Si segnala, infine, che la formulazione del comma non risulta espressamente riferita al catalogo dei sussidi, di cui al citato articolo 68 del collegato ambientale, menzionando solo i sussidi ambientalmente dannosi". In buona sostanza, non si vede per quale ragione, dopo che si è affidata al CITE tutta una serie di compiti, si dica che lo stesso CITE è materialmente competente per una parte dell'articolo 68 di legge, ma non anche per l'altra parte dell'articolo 68, che pure costituisce parte della legge medesima. È evidente che o si è in presenza di un lapsus, o si è in presenza di una richiesta quantomeno anomala, per cui si mette in concorrenza il CITE con un organo ancora non definito, perché è evidente che l'articolo 68 tutte e due le ipotesi lascia in piedi. Quindi, ci vorrà qualcuno che deliberi anche sulla parte che non è riferita all'articolo 68 per come, in modo partitivo per non dire partigiano, è inserito in questa norma. Poi, si poteva anche fare una scelta diversa; si poteva abolire l'articolo 68 o scriverlo in un modo diverso ma, sicuramente, se si tiene in piedi l'articolo 68 per come lo stesso è scritto e voler riservare solo una parte di competenza CITE di questo articolo è quantomeno dubbio. Io non pretendo che qualcuno fornisca una risposta, anche perché la mia potrebbe essere, magari, una tesi totalmente sbagliata; potremmo non capire, sia chi sta parlando, sia l'Ufficio studi che così ha scritto, però, visto che qualcuno vota contro, potrebbe spiegarci la ragione per cui vota contro. Vedete, la collega Muroni, prima, ha presentato un emendamento che poteva piacere o non piacere, ma sulla chiara intenzione politica e normativa che voleva perseguire era stata chiara. In questa vicenda, in questo decreto-legge, pare che si siano inseriti, a seconda dei casi, un insieme di compiti e di funzioni che vanno fatti di cesello, perché il CITE ha come concorrente l'ex CIPE, il Piano che si va ad adottare ha come concorrente il PNIEC 2030; insomma, è una specie di gioco dell'oca dove non si capisce esattamente, signor Presidente, se le penne le lascerà l'oca o questo Governo.

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TOMMASO FOTI (FDI). Signor Presidente, sarà, penso, per oggi, l'ultima illustrazione che faccio di un emendamento, anzi, la ringrazio per essere, lei, oggi pomeriggio, in Aula, fatto che non è abituale, soprattutto in assenza di telecamere, ma sono veramente lieto di poter avere anche un interlocutore come lei (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Signor Presidente, io continuo a notare, al di là del brusio, che vi è una volontà ben precisa di non rispettare quelle che sono le norme che il Parlamento si è dato, anche attraverso le leggi delega. La legge n. 400 del 1988 non è un orpello, non è un trofeo, è una legge che o la si rispetta o, semplicemente, la si abroga. Non vi piacciono alcune prassi, non vi piacciono alcune norme, non vi piace più seguire alcuni percorsi? Guardate che il Parlamento non è fatto solo per fare nuove leggi, è fatto anche per abrogare le vecchie, per modificarle; ma per quale arcano motivo noi dobbiamo continuare ad assistere a un baratto indecente, che sotto il profilo giuridico grida vendetta, tra il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e il regolamento? Noi utilizziamo, voi utilizzate, il legislatore utilizza questo strumento anche con i poteri dell'urgenza, signor Presidente; e, anche sotto questo profilo, sarebbe abbastanza curioso capire quale verifica rispetto ai requisiti di necessità e urgenza viene condotta su decreti che, anziché introdurre immediatamente norme operative, rinviano ad altri strumenti che non entrano immediatamente in vigore; in realtà, si confonde il decreto-legge con la legge delega, perché la legge delega ben può rinviare ad altra data l'entrata in vigore di un principio che viene trasfuso in legge; il decreto-legge dovrebbe essere immediatamente operativo e, quindi, essere immediatamente applicabile. Come può essere immediatamente applicabile un decreto che rimanda all'adozione di un regolamento, a un DPCM che viene introdotto per bypassare la norma del regolamento? Perché se parliamo di regolamento la procedura è ancora più lunga. A prescindere dal fatto che, lo dico così, se vi è tanto il problema rispetto al Consiglio di Stato per l'espressione del parere nei termini di 90 giorni, lo si riduca a 60 giorni, lo si riduca a 45 giorni, ma vi è il fatto di partire da questa ipotesi: noi sappiamo benissimo che, se adottiamo il regolamento abbiamo una scaletta di percorsi che ci portano ad avere cinque o sei mesi di tempo davanti; quindi, per bypassare questa procedura, ce ne inventiamo un'altra: ricorriamo al DPCM, tanto quello non può altro che essere molto più veloce e raggiungiamo lo stesso fine. Ebbene, io penso che sia un modo abbastanza anomalo per barattare norme, principi, istituti giuridici che nascono da fonti differenti. Non voglio qui dire che il regolamento sarebbe anche più garantista verso i terzi, ma vi chiedo, signor Presidente e signor rappresentante del Governo: voi vi sentireste più garantiti da un regolamento che è passato al vaglio anche del Consiglio di Stato o da un DPCM che viene elaborato da alcuni uffici, mandato alla Presidenza del Consiglio e che entra in vigore senza questo controllo? Io non ho dubbi che, se dovesse interessare la vostra situazione personale, come qualsiasi persona di buon senso, vi riterreste ben più tutelati dall'autorevole parere del Consiglio di Stato rispetto a nessun parere. Ma è questo che fa paura, il parere della competenza, perché se si va alla competenza, l'ignoranza non può trionfare; allora, per far trionfare l'ignoranza, è meglio togliere la competenza (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

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