Rassegna Stampa

'Mai posto un veto ero per Trespidi ma l'intesa e' saltata'

Data: 29/07/2020

L'ONOREVOLE DI FDI TORNA SULLA MANCATA ELEZIONE ALL'ANTIMAFIA DELL'ESPONENTE DI LIBERI

«Ma se c'era un veto, perché mi hanno cercato? Se è un veto sarebbe rimasto un veto, la realtà è che non ho posto veti su nessuno». Tommaso Foti ribadisce di non essersi messo di traverso alla candidatura di Massimo Trespidi (Liberi), nome espresso unanimemente dalla minoranza, alla presidenza della commissione Antimafia. Lo fa rispondendo a "Libertà", dopo che da esponenti dell'opposizione, compreso lo stesso Trespidi (vedi "Libertà" di ieri), è stato affermato che «tutti sapevano che c'era il veto di Foti» sul capogruppo di Liberi, veto che sarebbe risultato decisivo per affondarne la candidatura a vantaggio dell'elezione di un membro della maggioranza, il forzista Ivan Chiappa. «Il nome di Trespidi è stato fatto per la prima volta dopo il consiglio comunale di lunedì 20 luglio», torna a ricostruire il deputato di Fratelli d'Italia, «sarei grato che mi si dicesse dov'ero io».

Dov'era, onorevole? 
«Ero impegnato in una riunione. Andrea Pugni (consigliere comunale del M5s, ndr) mi aveva cercato, l'ho richiamato quando ho potuto, dopo le dieci di sera».  

Questa l'origine del suo coinvolgimento nella trattativa, ma il punto è il suo veto: tutti, almeno nei colloqui confidenziali, concordano nel sostenere che ci fosse. 
«Possiamo fare il nome delle persone che io ho chiamato per dire che c'era un veto? Ho forse chiamato io i consiglieri comunali per dire che Trespidi non andava bene? O i capigruppo? O i commissari dell'Antimafia? Tiriamo fuori le prove».  

Perché allora è saltata quella candidatura su cui leghisti che contano come il capogruppo Carlo Segalini e il presidente del consiglio comunale, Davide Garilli, fino alla vigilia del voto decisivo avevano speso parole impegnative? 
«Nessuno ha potuto smentire che ci fosse un accordo e che non sia stato rispettato dalla minoranza». 

Ma la tesi della violazione degli accordi - cioè che il dem Christian Fiazza rinunciasse alla candidatura alla presidenza propostagli dalla maggioranza motivandolo con ragioni personali e non di metodo come polemicamente ha fatto; e che a chiedere martedì 21 il rinvio di quella prima seduta della commissione fosse la minoranza (è stata invece Sara Soresi di Fdi) - tutta la minoranza l'ha bollata come un pretesto. 
«Ognuno può dire che sia stato un pretesto, ma tutta l'attuazione dell'accordo non è andata come doveva andare. Il risultato era acquisito nel senso che rispettando quelle condizioni non c'era problema. E aggiungerò di più: Fratelli d'Italia era talmente di traverso che addirittura la proposta di rinvio l'ha fatta la Soresi. E comunque sfido la maggioranza a dire quali pressioni ho fatto io direttamente, dica il presidente del Consiglio che veto mi ha sentito alzare. Mi viene casomai dell'altro da pensare, visto che Trespidi oggi (ieri per chi legge, ndr) ha fatto a "Libertà" una dichiarazione da ingrato: mi viene il legittimo sospetto che qualcuno abbia utilizzato il mio nome per altri fini».

Si riferisce alla «responsabilità politica» che Trespidi le attribuisce per avere proposto a suo tempo alla presidenza del consiglio comunale Giuseppe Caruso poi arrestato per mafia? 
«Sul piano umano sono disgustato da quella pesante allusione. Io non ho mai nominato un assessore che ha dovuto patteggiare una pena per fatti commessi nell'esercizio delle funzioni di assessore provinciale (Davide Allegri, con delega all'Agricoltura e all'Ambiente nella giunta provinciale presieduta da Trespidi-ndr). Nemmeno mi sono fatto passare come numero 2 di Formigoni che mi pare sia stato condannato. Ci vuole un'etica, e io credo di averla sempre rispettata. Giudico quell'intervista la manifestazione di un ingrato perché quando si è trattato di fare il presidente della Provincia io mi sono adoperato nonostante se contro di lui ci fosse la fronda in Forza Italia. E c'ero anch'io fra i tre che hanno partecipato alla partenza della sua candidatura a sindaco in Comune». 

Che non andò a buon fine però. 
« Se i fatti sono andati diversamente, non è per colpa mia. E anche stavolta sull'Antimafia io mi sono impegnato per portare a casa quell'obiettivo. Forse anziché prendersi dei portavoce, era meglio se si fosse impegnato lui personalmente. A me non interessa niente di affondare la gente. In coscienza so di avere fatto un lavoro da persona perbene, adoperandomi per un risultato, sfilandomi quando ho visto che quel risultato o le condizioni per arrivarci sono venute meno: l'ho comunicato a Bertolini (di FdI-ndr) e da quel giorno non ho più voluto sapere niente, Pugni e Trespidi hanno continuato a cercarmi ma non ho più risposto a nessuno. E' inutile che neghino, lo sa tutta Piacenza che si possono fare gli screenshot. E, dato che non sono di primo pelo, stavolta mi sono cautelato sotto tutti i profili». 

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