L'ONOREVOLE DI FDI TORNA SULLA MANCATA ELEZIONE ALL'ANTIMAFIA DELL'ESPONENTE DI LIBERI
«Ma se c'era un veto, perché mi
hanno cercato? Se è un veto sarebbe rimasto un veto, la realtà è che
non ho posto veti su nessuno».
Tommaso Foti ribadisce di non essersi messo di traverso alla candidatura di Massimo Trespidi (Liberi), nome espresso unanimemente dalla minoranza, alla presidenza della commissione Antimafia.
Lo fa rispondendo a "Libertà", dopo che da esponenti dell'opposizione, compreso lo stesso Trespidi (vedi "Libertà" di ieri), è stato affermato che «tutti sapevano che
c'era il veto di Foti» sul capogruppo di Liberi, veto che sarebbe risultato decisivo per affondarne la
candidatura a vantaggio dell'elezione di un membro della maggioranza, il forzista Ivan Chiappa.
«Il nome di Trespidi è stato fatto
per la prima volta dopo il consiglio
comunale di lunedì 20 luglio», torna a ricostruire il deputato di Fratelli d'Italia, «sarei grato che mi si
dicesse dov'ero io».
Dov'era, onorevole?
«Ero impegnato in una riunione.
Andrea Pugni (consigliere comunale del M5s, ndr) mi aveva cercato, l'ho richiamato quando ho potuto, dopo le dieci di sera».
Questa l'origine del suo coinvolgimento nella trattativa, ma il punto
è il suo veto: tutti, almeno nei colloqui confidenziali, concordano nel sostenere che ci fosse.
«Possiamo fare il nome delle persone che io ho chiamato per dire
che c'era un veto? Ho forse chiamato io i consiglieri comunali per dire
che Trespidi non andava bene? O i
capigruppo? O i commissari
dell'Antimafia? Tiriamo fuori le prove».
Perché allora è saltata quella candidatura su cui leghisti che contano
come il capogruppo Carlo Segalini e
il presidente del consiglio comunale, Davide Garilli, fino alla vigilia del
voto decisivo avevano speso parole impegnative?
«Nessuno ha potuto smentire che
ci fosse un accordo e che non sia
stato rispettato dalla minoranza».
Ma la tesi della violazione degli accordi - cioè che il dem Christian Fiazza rinunciasse alla candidatura alla
presidenza propostagli dalla maggioranza motivandolo con ragioni
personali e non di metodo come polemicamente ha fatto; e che a chiedere martedì 21 il rinvio di quella prima seduta della commissione fosse la minoranza (è stata invece Sara Soresi di Fdi) - tutta la minoranza l'ha bollata come un pretesto.
«Ognuno può dire che sia stato un
pretesto, ma tutta l'attuazione
dell'accordo non è andata come
doveva andare. Il risultato era acquisito nel senso che rispettando
quelle condizioni non c'era problema. E aggiungerò di più: Fratelli
d'Italia era talmente di traverso che
addirittura la proposta di rinvio l'ha
fatta la Soresi. E comunque sfido la
maggioranza a dire quali pressioni
ho fatto io direttamente, dica il presidente del Consiglio che veto mi ha sentito alzare. Mi viene casomai
dell'altro da pensare, visto che Trespidi oggi (ieri per chi legge, ndr) ha
fatto a "Libertà" una dichiarazione
da ingrato: mi viene il legittimo sospetto che qualcuno abbia utilizzato il mio nome per altri fini».
Si riferisce alla «responsabilità politica» che Trespidi le attribuisce per
avere proposto a suo tempo alla
presidenza del consiglio comunale
Giuseppe Caruso poi arrestato per
mafia?
«Sul piano umano sono disgustato
da quella pesante allusione. Io non
ho mai nominato un assessore che
ha dovuto patteggiare una pena per
fatti commessi nell'esercizio delle
funzioni di assessore provinciale
(Davide Allegri, con delega all'Agricoltura e all'Ambiente nella giunta
provinciale presieduta da Trespidi-ndr). Nemmeno mi sono fatto
passare come numero 2 di Formigoni che mi pare sia stato condannato. Ci vuole un'etica, e io credo di
averla sempre rispettata. Giudico
quell'intervista la manifestazione
di un ingrato perché quando si è
trattato di fare il presidente della
Provincia io mi sono adoperato nonostante se contro di lui ci fosse la
fronda in Forza Italia. E c'ero
anch'io fra i tre che hanno partecipato alla partenza della sua candidatura a sindaco in Comune».
Che non andò a buon fine però.
« Se i fatti sono andati diversamente, non è per colpa mia. E anche
stavolta sull'Antimafia io mi sono
impegnato per portare a casa
quell'obiettivo. Forse anziché
prendersi dei portavoce, era meglio se si fosse impegnato lui personalmente. A me non interessa
niente di affondare la gente. In coscienza so di avere fatto un lavoro
da persona perbene, adoperandomi per un risultato, sfilandomi
quando ho visto che quel risultato o le condizioni per arrivarci sono venute meno: l'ho comunicato a Bertolini (di FdI-ndr) e da quel
giorno non ho più voluto sapere
niente, Pugni e Trespidi hanno
continuato a cercarmi ma non ho
più risposto a nessuno. E' inutile
che neghino, lo sa tutta Piacenza
che si possono fare gli screenshot.
E, dato che non sono di primo pelo, stavolta mi sono cautelato sotto tutti i profili».
Libertà