Mentre le opposizioni ne rivendicano l'utilità, il centrodestra si divide. Foti (Fdi): «I primi reclusi sono gli agenti penitenziari»
Il centrodestra non ama la figura
del garante dei detenuti. Quanto
meno sono in parecchi nelle sue
file a non ravvisarne l'utilità. Lo ha
certificato il dibattito di ieri in consiglio
comunale dove i dubbi manifestati
l'altro giorno in commissione
dal leghista Nelio Pavesi -
«sembra quasi si voglia far passare
i detenuti come delle vittime, a
questo punto allora propongo
venga istituito anche un garante
per le vittime, quelle vere, che magari
hanno subito furti, rapine oppure
violenza fisica» aveva dichiarato
- hanno fatto breccia non solo
nell'intero gruppo del Carroccio,
ma anche in qualcuno di Fratelli
d'Italia e Forza Italia.
All'ordine del giorno c'era la nuova
disciplina sul "garante dei diritti
delle persone private della libertà
personale" (terminologia ai più
non gradita), atto propedeutico
all'individuazione dei candidati.
Rispetto al passato viene introdotta
una modifica che amplia la platea dei possibili aspiranti non più
circoscrivendone la residenza al
Comune di Piacenza, ma estendendola
anche a quelli con residenza
in provincia.
Considerato che a proporre la delibera
è stata l'assessore alleata di
Forza Italia Federica Sgorbati (servizi
sociali) che pure ha speso parole
di consenso verso il garante
ribadendo che la strada convintamente
imboccata è quella di andare
a individuare il successore del
professor Alberto Gromi (che si dimise
15 mesi fa),
ben si può comprendere che un
certo imbarazzo non sia mancato
quando per approvarla, oltre a
quelli dei Lib pc e di parte di Fdi e
FI, sono risultati fondamentali i voti
delle opposizioni, loro sì convinte
della bontà di tale figura. La Lega
si è astenuta o non ha partecipato
e si sono astenuti anche Filippo
Bertolini (Fdi) e Mauro Saccardi
(FI). Insomma, si è accesa l'ennesima
spia dei mal di pancia che
di questi tempi affliggono la maggioranza.
Nel merito, infatti, è stata una babele.
Detto che Stefano Cugini (Pd) ha auspicato che a breve
«qualcuno raccolga l'eredità lasciata
di Gromi»; detto che Luigi
Rabuffi (Pc in Comune) ha decantato
la figura del garante, fondamentale
in una realtà, quella carceraria
piacentina, «che nel 2017
ha visto 275 atti di autolesionismo
e 17 tentati suicidi»; e detto che
Christian Fiazza (Pd) si è augurato
«che dopo 15 mesi di silenzio
ora l'amministrazione proceda
con maggior speditezza», nel centrodestra
oguno ha detto la sua. C'è
stato chi, come Antonio Levoni
(Lib.pc), che ha riproposto addirittura
la figura di Gromi. Chi, come
lo stesso Pavesi, piuttosto contrariato,
che invece si aspettava
«un segno di discontinuità da questa
amministrazione» al riguardo;
e chi, come Tommaso Foti (Fdi),
ha sostenuto che «i primi detenuti
sono in realtà gli agenti della Penitenziaria:
tra ferimenti e aggressioni
è sempre un'ecatombe» ha
detto, suggerendo al centrodestra
«una reale riflessione sul tema, al
di là del buonismo imperante».
Perché «il reale problema per i detenuti
è quello dello spazio all'interno
delle carceri e non lo risolve
certo il garante, bensì lo deve fare
lo Stato». Ha chiuso il capogruppo
della Lega Stefano Cavalli
sgombrando il campo da ogni
possibile equivoco: «Il pensiero di
Pavesi rispecchia quello di tutta la
Lega».
Libertà