Tagliati i tempi degli interventi. E scatta il compenso solo se si è presenti ad almeno il 75% delle sedute. Foti e Tassi polemici
La polemica non è mancata. In
primis sul taglio dei tempi di intervento
e sulla presenza minima alle
sedute per far scattare il diritto al gettone.
E d'altra parte le parole che
hanno accompagnato l'approvazione
del nuovo regolamento per il funzionamento
del consiglio comunale
e delle commissioni sono state di
concordia. Anzitutto per il metodo
di lavoro - quattro anni di revisione
del testo precedente datato 1998 da
parte di una apposita sotto commissione
- e poi per il confronto sulla
bozza finale che è stato unanimemente
riconosciuto come costruttivo.
A votare il provvedimento ieri
in Consiglio sono stati la maggioranza
e Giovanni Botti (Pdl) che si è
dissociato da un'opposizione che
ha alzato disco rosso pur se riconoscendo
la virtuosità del percorso.
Si diceva della riduzione dei tempi
di intervento. Il nuovo regolamento
consente a ciascun consigliere
dieci minuti anziché i 30 attuali, più
cinque per un eventuale secondo
giro invece dei dieci previsti oggi. Il
minutaggio raddoppia in caso di
particolari delibere da discutere, come
bilanci preventivi e consuntivi,
Dup, statuto. Ma su richiesta di
Tommaso Foti (Fdi) sono state aggiunte
altre tipologie di pratiche, a
partire dalle modifiche allo stesso
regolamento del Consiglio. L'esponente di Fdi è stato polemico
sul taglio degli interventi: «Tempistica
da caserma», l'ha chiamata rinfacciando
alla maggioranza di essersi
lasciata guidare da una «chiave
anti-ostruzionistica per paura del
confronto». Lo stesso tasto battuto
da Marco Tassi (Pdl) che ha indicato
nel contingentamento dei tempi
la pecca che lo ha indotto a votare
contro l'intero regolamento.
Ma c'era uno specifico mandato a
contenere certe lungaggini, ha ribattuto
Stefano Perrucci (Pd), presidente
della commissione 1 da cui
è derivato il gruppo di lavoro sul
nuovo testo. E Claudio Ferrari (Pd)
ha escluso che si sia operato solo per
contrastare l'ostruzionismo: «Si sono
colte le urgenze di questi anni, si
è visto che anziché in mezz'ora certe
cose si possono dire in quindici
minuti».
L'altro tema caldo sono stati i gettoni
di presenza, che ammontano a
81 euro (lordi) per le sedute in aula
e a 60 per quelle in commissione:
per meritarli non basta più una
comparsata, occorre rimanere per
almeno il 60% del tempo della seduta
nel caso delle adunanze consiliari
e per il 75% se si tratta di commissione.
Un criterio contestato da
Foti («Mi vergogno di sentir dire che
chi fa in consigliere comunale lo fa
solo per avere il gettone») che ha
proposto di legare il compenso alla
partecipazione ad almeno una votazione.
«E' un modo per far capire anche a chi sta fuori di qui che chi è
stato eletto ci mette dell'impegno»,
ha replicato Ferrari, spalleggiato da
Lucia Rocchi (Moderati),a ma anche
da Mirta Quagliaroli (M5s).
I grillini hanno però votato contro il
regolamento perché, ha spiegato
Barbara Tarquini, «le nostre proposte
non sono state accettate». Ferrari
e Roberto Colla (Moderati) hanno
invece parlato di «una bella pagina
scritta» dalla politica. «Un
esempio di inizio di buona politica»,
ha fatto eco Botti. «In nove anni
non avevo mai visto un modo così
bello di lavorare insieme», ha rimarcato
il presidente del consiglio
Christian Fiazza (Pd).
Pioggia di emendamenti targati Fdi
Quattro ore di discussione prima
di licenziare il nuovo regolamento
del consiglio comunale e delle commissioni:
sono servite per esaminate
i 68 emendamenti sul tavolo. Li
hanno presentati quasi tutti Tommaso
Foti ed Erika Opizzi (Fdi), che
in certi casi se li sono anche visti accogliere.
Ieri il consiglio comunale ne
ha approvati 26 di emendamenti (5
sono decaduti), un'apertura della
maggioranza certificata a inizio seduta, quando si è riunita la conferenza
dei capigruppo proprio per fare
il punto su quante richieste di modifica
al testo potevano passare. Ne
è scaturito un accordo bipartisan che
ha spianato la strada a un esame del
nuovo regolamento ben più agevole
di quanto avrebbe comportato il
vaglio uno per uno degli emendamenti
dell'opposizione.
Da segnalare, dal punto di vista politico,
la posizione di Sandra Ponzini, la ex pd confluita in Democratici
e progressisti: in diversi casi ha votato
in smarcamento dalla maggioranza,
o astenendosi o convergendo
con l'opposizione. E in molti casi
ha darle man forte è stato Federico
Sichel, rimasto nel Partito democratico,
ma spesso e volentieri segnalatosi
nel corso di questi mesi per
una linea di dissociazione dalla maggioranza.
In alcune votazioni sugli emendamenti,
altri "dissidenti" dem che hanno
seguire Ponzini e Sichel sono stati
Miriam Bisagni e Andrea Tagliaferri.
Libertà