DOPO L'AGGRESSIONE IL FERITO GUARIRÀ IN 20 GIORNI: SAREBBE STATO VITTIMA DI UNA SPEDIZIONE PUNITIVA
Interrogazione di Foti ai ministri Salvini e Trenta su Quartiere Roma, chiesti i militari in strada. Paura tra i residenti, anche stranieri.
La lite finita a bottigliate di lunedì
pomeriggio in via Torricella
con un giovane nigeriano ferito
gravemente è stata l'ennesima
scossa alle fondamenta di un processo
di integrazione che arranca.
Un fatto di sangue che ha lasciato il segno. L'esasperazione è
tornata a superare i livelli di guardia.
Residenti e commercianti si
scagliano pesantemente contro
quei gruppi di giovani di colore
che quotidianamente stazionano
tra via Torricella e dintorni.
«Via Torricella,
minacciati a casa
nostra: è invivibile»
PAURA TRA I RESIDENTI: «CI
ACCUSANO DI RAZZISMO,
MA QUI ACCADE DI TUTTO»
«Quando 40 anni fa dicevi a
qualcuno di abitare in zona Grattacielo
dei Mille provocavi invidia.
Adesso mi vergogno solo a
dirlo». Roberto Rovere è appena
uscito dal portone di casa sua in
via Torricella. E' uno dei pochi
volti piacentini che si incontra per
strada, in mezzo a tanta gente di
colore. Uno dei "coraggiosi" rimasti
in un quartiere che i "superstiti"
- sia gli italiani che gli
stranieri acquisiti da generazioni
- descrivono oggi con una parola
sola: «Invivibile».
La lite finita a bottigliate di lunedì
pomeriggio in via Torricella
con un giovane nigeriano ferito
gravemente è stata l'ennesima
scossa alle fondamenta di un processo
di integrazione che arranca.
Un fatto di sangue che ha lasciato
il segno. E non solo quello delle chiazze di sangue ancora visibili
sulle grate del marciapiede.
L'esasperazione è tornata a superare
i livelli di guardia. Residenti
e commercianti si scagliano pesantemente
contro quei gruppi
di giovani di colore che quotidianamente
stazionano tra via Torricella,
via Crescio, via Pozzo e via
Alberoni. «Arrivano da fuori, si ritrovano
qui, bevono a qualsiasi
ora. Poi accade di tutto. Qui,
ormai, comandano loro».
Che sia una zona complessa lo testimonia
il fuggi fuggi delle attività
avvenuto negli anni. Sotto i
portici di via Torricella tutti i negozi
sono sfitti, con le vetrine impolverate.
Su quel lato resta aperto
solo il punto comunale del
Centro Famiglie dove ieri era in
servizio Veronica Nicolini: «A me
non è mai accaduto nulla - spiega
- diciamo però che la zona non
è tra le più felici».
Nella via restano in piedi, di fatto,
solo un market gestito da cinesi (chiuso in passato dalla polizia)
e un paio di macellerie etniche
che attirano clientela al
95% straniera.
C'è una coppia di piacentini che
esce da un palazzo, transita in
strada dove, seduti sul marciapiede,
ci sono tre giovanissimi di colore,
cappellino da baseball in testa
e auricolari alle orecchie. Gli
sguardi che si incrociano non sono
amichevoli: «Ci minacciano,
ci accusano di essere razzisti - affermano
i coniugi senza voler dichiarare
il nome per timore di ritorsioni
- e poi qui fanno quello
che vogliono: bevono, bivaccano,
urinano in strada. E' diventato
un centro di aggregazione per
nullafacenti. Senza considerare
che qui si spaccia che è un piacere.
Via Torricella è diventata il
centro della schifezza».
Sostengono che la deriva sia iniziata
da quando in via Alberoni
aprì il primo call center. Poi è andata
sempre peggio: «Abbiamo
scritto al questore, al prefetto, al
sindaco: devono togliere questi
negozi che sono la causa di tutto.
Ci entrano, acquistano le birre e
le bevono in strada. Le conseguenze
sono risse e liti a cadenza
quotidiana».
Più rassegnato appare Mirco Zilioli,
titolare di un negozio di via
Alberoni all'angolo con via Pozzo.
«Cosa volete, ci convivo da 15 anni con questa situazione. La
gente si ritrova qui, compra in alcuni
bar birre a prezzi stracciati e
poi succede quel che succede.
Per fortuna non ci abito». Poi aggiunge:
«Negli anni sono state fatte
delle ordinanze, ma poi non
vengono fatte rispettare. Infastidisce
vedere che la polizia municipale
rifila una multa a un cliente
perché ha parcheggiato l'auto
due minuti sul marciapiede e poi
non fa rispettare le ordinanze.
Non c'è la stessa fiscalità».
Tra gli esasperati ci sono anche
gli stessi esercenti stranieri, come
Omrit Neurdin, titolare tunisino
di una macelleria islamica
in via Torricella: «E' vero, noi lavoriamo
prevalentemente con
stranieri, però purtroppo sono
molti di loro a provocare problemi.
Io sono venuto qui per lavorare,
ma quanto accade quotidianamente
non ci aiuta, fa scappare
i clienti. Non è un bel vedere. E
anche gli italiani ce l'hanno con
noi». Il collega marocchino
dell'altra macelleria poco distante
è ancora più drastico: «La situazione
è pessima, io non esco
dal negozio, c'è da avere paura.
La polizia passa tutti i giorni, ma
non si risolve nulla». Così anche
Sami del phone center: «La gente
scappa da qui. Ho quattro figli
e fatico a uscire di casa». Per tutti
ci sarebbe una panacea: «Se
piazzassero le telecamere all'angolo
tra via Torricella e via Crescio
come hanno detto forse si risolverebbe
qualcosa».
Il clima è pesante, acuito dalle parole
di un residente piacentinissimo
che evoca il triste fatto di
cronaca dell'aggressione a sfondo
razzista a Dasy Osakue, italiana
con la pelle nera: «Se non si
pone un argine poi succede anche
qui come a Moncalieri: la giustizia
fai da te».
Libertà