Lettera aperta al quotidiano Libertà di Tommaso Foti, deputato di Fratelli d'Italia.
Signor direttore,
con futile ironia, tal Quagliaroli mi contesta, su
"Libertà" (di ieri-ndr), di accusare solo ora il
Governo per la mancata istituzione della "zona rossa" a Piacenza.
Nei fatti, essendo i bar come gli stadi ancora
chiusi, il mio censore avrebbe avuto il tempo di
leggere, se avesse voluto, i post che a sostegno
della "zona rossa" ho pubblicato per tempo su
Facebook (sul mio profilo e sulla mia pagina).
Non solo, ma è il Presidente del Consiglio a sostenere di non avere istituito la "zona rossa" a
Piacenza in ragione del parere a Lui reso da
esperti.
Al riguardo chi scrive, solo per evitare futuri errori (o orrori???), ritiene doveroso che quel parere - se vi è stato - sia reso pubblico. Se non altro per comprendere come in pochi giorni, per
non dire ore, detti esperti abbiano potuto - secondo scienza e coscienza - cosi ritenere. In
conclusione, occuparsi per tempo delle questioni in argomento nulla rileva con quel "senno del poi" impropriamente evocato dal Quagliaroli, cui ben s'attaglia il detto "un bel tacer,
mai scritto fu".
Lettera aperta abbinata del Sig. Vittorio Roda
Egregio direttore,
su "Libertà" di domenica 3 maggio leggo che un
cittadino rimprovera il parlamentare piacentino onorevole Foti perché contesta, con due
mesi di ritardo, il fatto che il governo Conte non
dichiarò "zona rossa" la nostra provincia. Condivido pienamente quanto sostiene il lettore.
In effetti, non riesco a capire perché l'onorevole Foti non chiese, per tempo, che la nostra provincia fosse dichiarata "zona rossa", visto l'alto
numero di persone contagiate e i tanti, troppi
morti. Criticare a posteriori la scelta del governo Conte come fa l'onorevole Foti non ha senso alcuno. Del senno di poi, sono piene le fosse, recita un vecchio adagio. Massima, che forse l'onorevole Foti non conosce o si è scordato.
La risposta del Direttore di Libertà Pietro Visconti
Considero delicatissima, e serissima, la questione del perché Piacenza non fu dichiarata zona rossa. Questo scambio di lettere è a sua volta molto utile in quanto aiuta a mettere a fuoco un dato abbastanza semplice: che la discussione sull'opportunità di chiudere o non chiudere la nostra provincia al pari degli 11 Comuni del Lodigiano è tutta successiva all'esplodere dell'epidemia nella sua forma più devastante. Anzi, per la verità si è accesa mentre la curva della tragedia si stava grazie a dio attenuando, ed è stata tenuta da parte - anche grazie a dio - mentre le
bare si accatastavano.
Ora, insieme a una sacrosanta esigenza di rivisitare la dinamica di quei giorni a scopo autopedagogico (cosa che su "Libertà" di ieri ha fatto per esempio il nostro collega Paolo Marino), si affaccia un
qualche desiderio di mostrarsi più vigili e preveggenti, nonché inascoltati, di altri. L'annuncio dell'interrogazione di Foti al presidente Conte, dopo che sul tema quest'ultimo aveva dato una risposta
sostanzialmente evasiva durante la sua recente visita a Piacenza, ha avuto questo suono alle orecchie di alcuni. Il signor Quagliaroli lo ha scritto. Senza condividerne il tono sarcastico, anch'io ho
avuto la stessa impressione. Nel comunicato di Fratelli d'Italia che accompagnava l'interrogazione,
del resto, di Foti si dice letteralmente: "da subito tra i più fermi sostenitori di interventi restrittivi di
ampia portata". E' un fatto che i più non hanno memoria di questa immediata fermezza.
Colpa loro che non leggono i post su Facebook del deputato leader della destra piacentina? Colpa
anche mia che pure - ammetto - non li conosco ancora oggi? Provo a ripetere qualcosa che già ho
scritto: la scelta di non comprendere Piacenza nella zona rossa fu compiuta in un clima di sostanziale consenso politico-istituzionale e anche sociale. Fu sottovalutato - con il senno di poi - il rischio
connesso agli strettissimi legami del nostro territorio con il Lodigiano. Ho messo agli atti e ripeto
che ritengo mia responsabilità non aver scritto (né aver pensato) un editoriale sul pericolo che Piacenza correva.
Il che non esclude - lo dico per prevenire le proteste di chi si sente fuori da questa rappresentazione - che singoli abbiano colto l'errore mentre si compiva. Un paio di loro - il signor Spagnoli, il signor Timossi - hanno avuto modo di scriverlo qui in questa pagina. Non ci fu però un fronte pro-zona rossa. Conclusione (provvisoria): il riesame di ciò che avvenne è doveroso e conviene a tutti, per
la tranquillità del nostro futuro. Ma va fatto per prenderne lezione, non per dare lezione.
Libertà