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Guerra del casello, politica locale alla riscossa - Si' unanime a Piacenza Nord-Basso Lodigiano

Data: 05/11/2019

Votata la risoluzione di Levoni (Lp) che chiede a Roma il ripristino, all'uscita di Guardamiglio, della vecchia dicitura in aggiunta alla nuova

Nella campanilistica guerra del casello dell'Autosole, scoppiata un anno fa quando, al grido di "Prima i lodigiani", l'onorevole leghista di San Rocco al Porto Guido Guidesi, allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, riuscì nel blitz di far sostituire sull'A1 a Guardamiglio la storica dicitura di "Piacenza Nord" con "Basso Lodigiano", la politica piacentina cerca una riscossa all'insegna della mediazione: abbinare le due denominazioni. E' con questo spirito che ieri il consiglio comunale ha approvato all'unanimità la risoluzione di Antonio Levoni (Liberali piacentini) che «invita il sindaco affinché prenda contatto con i dirigenti dei ministeri competenti e comunque con qualsiasi ente o istituzione al fine di aggiungere all'attuale cartellonistica autostradale riportante la dicitura "Basso Lodigiano" anche quella di "Piacenza Nord", e togliere l'indicazione che per "Piacenza Centro" (proveniendo da Milano, ndr) occorre uscire a "Piacenza Sud"». Per la verità il testo di Levoni indicava in prima battuta «il ripristino della situazione pregressa», vale a dire "Piacenza Nord" senza "Basso Lodigiano", e solo come «alternativa» la doppia denominazione. E' stato un emendamento proposto dal capogruppo della Lega Carlo Segalini, poi accolto da Levoni e votato a sua volta all'unanimità, a dare univocità di indicazione per la coabitazione territoriale. E che il Carroccio piacentino abbia preso esplicitamente una posizione dopo gli imbarazzati silenzi che l'iniziativa di Guidesi aveva provocato non è cosa di poco conto. Segalini ha tenuto a precisare che il cambio di denominazione al casello era il frutto di una richiesta avanzata da diciotto Comuni del Lodigiano e dalla Provincia di Lodi, che era stata, «sì, spinta politicamente, ma vagliata da un sottocomitato tecnico del ministero dei Trasporti». Si è in ogni caso colto in pieno il tentativo di non lasciare ad altri, nello specifico i Liberali, l'esclusiva di parole d'ordine sensibili per quella parte politica come «l'onere e l'onore di rappresentare la piacentinità, di tutelare gli interessi della nostra città», per dirla alla Levoni. A maggior ragione oggi che non solo la Lega non è più al governo, ma a capo del ministero dei Trasporti c'è una piacentina del Pd come Paola De Micheli. E se Fdi ha ricordato, con Gian Carlo Migli, che il primo ad alzare la voce contro lo "scippo" del casello era stato l'onorevole del suo partito Tommaso Foti, l'opposizione ha avuto gioco facile a infilare il coltello negli imbarazzi leghisti. «E' scandaloso ciò che è successo, si è annullata una storia di un territorio soo perché un onorevole di San Rocco ha voluto piantare una bandierina», ha polemizzato Stefano Cugini (Pd) nel rinfacciare a Pietro Pisani senatore e consigliere comunale della Lega, di avere liquidato all'epoca la questione come «cose poco serie di cui non è il caso di parlare: l'emendamento che oggi presentate dimostra quanto fossero poco serie, che almeno serva da lezione». Il dito sul silenzio del Carroccio piacentino di fronte a uno «sgarbo alla nostra città» l'ha puntato anche Roberto Colla (Piacenza Oltre). Luigi Rabuffi (Piacenza in Comune) ha ammonito dall'effetto boomerang di slogan come «"Prima qualcun altro" perché prima o poi va a finire che quel "qualcun altro" ce lo rifila nel polacchino». A sottolineare la condivisione per una soluzione di mediazione che si affranca dalla logica dell'"occhio per occhio, dente per dente" sono stati Michele Giardino (gruppo misto), Massimo Trespidi (Liberi), Sergio Dagnino e Andrea Pugni (entrambi M5s), mentre per Francesco Rabboni (Fi) «non c'è da vedere chissà quale torto nella scelta dei Lodigiani per il cambio di nome». Unanime il sì alla risoluzione, si diceva, anche se va segnalato che tre leghisti (su otto) hanno lasciato l'aula prima del voto: Nelio Pavesi, Lorella Cappucciati («Ho una riunione a Reggio», si è giustificata mentre usciva) e quel Pisani la cui assenza è stata provocatoriamente segnalata da Christian Fiazza (Pd): «Si vede che per coerenza, dopo aver dichiarato che questo non era un argomento serio, ha pensato bene di abbandonare la seduta». 

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TommasoFoti
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