Rassegna Stampa

La politica divisa tanto lontana e il sentiero di un doppio dialogo

Data: 31/01/2021

Lettera aperta al quotidiano Libertà dell'on. Maurizio Migliavacca. 

L'EX PARLAMENTARE MIGLIAVACCIA RISPONDE AL DIRETTORE DI "LIBERTÀ"

Molti guardano con distacco allo svolgimento di una crisi che appare lontana dalle ansie quotidianUna parte dei cittadini si chiede poi perché la politica non si unisca per uscire insieme dalla emergenza. La mia risposta è che la politica, come hanno testimoniato su queste pagine l'onorevole De Micheli e l'onorevole Foti, non può farlo perché troppe sono le differenze tra gli schieramenti opposti e perché nessuno dei principali partiti contempla realmente la possibilità di un governo di unità nazionale fino alla fine della legislatura. Anzi, la divisione più profonda tocca oggi proprio l'idea di nazione. Nel centrosinistra si pensa che il modo migliore di promuovere l'interesse nazionale sia quello di integrarlo in una Europa federale come unica possibilità di farsi valere in un mondo globale. I principali partiti del centrodestra, all'opposto, pensano che si difenda meglio l'interesse nazionale salvaguardando e, nei limiti del possibile, rafforzando la sovranità nazionale. Non sembri una questione astratta, questa divisione ha ricadute molto concrete ed estese. Per fare solo un esempio: se e come utilizzare le risorse europee del Recovery plan. Non era così ai tempi dei governi di solidarietà nazionale: certo c'era un nemico comune, il terrorismo, ma esisteva anche la volontà reciproca di Moro e di Berlinguer di provare ad allargare le basi democratiche e l'area di governo del Paese. Avendo conosciuto da vicino l'esperienza del governo Monti posso aggiungere che messo al riparo il Paese dal rischio di un default, nel giro di pochi mesi quel governo perse capacità propulsiva finendo per trascinarsi fino alle elezioni. Oggi probabilmente esiste una percezione simile dei problemi del Paese tra le forze politiche, ma le risposte sono troppo distanti per dare vita un governo di unità nazionale. Significa rassegnarsi agli steccati e a una campagna elettorale permanente? Non credo. Come sempre le crisi possono offrire anche delle opportunità. Dall'estate in poi era evidente un certo affaticamento del governo Conte: sia nel prendere rapidamente le misure alla seconda ondata sia nel mettere in campo un convincente piano di rilancio dell'economia. Una messa a punto era necessaria. Si doveva fare senza passare da una crisi di governo con le perdite di tempo e di credibilità che comporta. Ora, però, bisogna agire. Come? La via più realistica è un governo politico che riparta dalla maggioranza uscente. Una ripartenza politica con Conte. Questa soluzione ha un senso se compie un doppio passo in avanti. Il primo è un patto affidabile di fine legislatura con alcune priorità condivise: uscire dalla emergenza sanitaria con una efficace campagna di vaccinazioni; un piano di investimenti e riforme che promuova la transizione ecologica, migliori la competitività delle imprese, riorganizzi la rete degli ammortizzatori sociali e il sistema fiscale, rafforzi beni pubblici essenziali quali la sanità territoriale, l'istruzione e la giustizia. L'altro passo in avanti necessario è aprire un dialogo non di facciata con le minoranze. Perché non lavorare a un progetto condiviso di superamento della crisi sanitaria? Governo e Regioni, pur appartenendo a schieramenti diversi, sia pure faticosamente, stanno già dialogando. E poi le riforme istituzionali. La nostra è anche una crisi di sistema. Dopo la rinuncia al maggioritario e il ritorno a un proporzionale ibrido siamo ormai in una terra di nessuno che non garantisce né la stabilità dei governi né un legame trasparente tra la politica e i cittadini. Ci vuole un modello coerente. Se andiamo, come sembra, verso il proporzionale si scelga allora il sistema tedesco con la sfiducia costruttiva. La ripartenza è possibile? Se il patto è solido penso di sì. Altrimenti si può scivolare verso le elezioni come necessità. Non si può votare subito per la pandemia? La strada è quella di un governo istituzionale per un periodo limitato. Un governo che vari la proposta italiana del Recovery fund, approvi i ristori alle categorie più colpite, acceleri, per quanto possibile, la campagna vaccinale e porti il Paese al voto in condizioni di maggiore sicurezza tra qualche mese. Altri Paesi lo hanno fatto nei mesi passati, altri lo faranno come l'Olanda a marzo e la Germania a settembre. Anche l'Italia potrebbe doverlo fare. Meglio le elezioni della palude.

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TommasoFoti
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