Da Ottone a Ferriere, da Corte Brugnatella a Cerignale, cacciatori alla ricerca delle carcasse di cinghiali per capire il contagio
E' allarme per la peste suina
africana. La malattia virale - in
realtà nota da tempo - che colpisce senza lasciare scampo i
suidi, cinghiali e maiali, incombe infatti pericolosamente sui
confini della nostra provincia,
essendo stata segnalata proprio
pochi giorni fa nelle province di
Genova e di Alessandria, dove
sono stati ritrovati cinghiali
morti infetti. Per ora sono 8 i casi riscontrati in tutta Italia.Per
ora infatti, ad essere esposti al
rischio sono sopratutto i cinghiali, in quanto gli allevamenti di maiali professionali sono
soggetti a norme di biosicurezza tali da rendere molto difficile l'ingresso del virus. Una
maggiore preoccupazione potrebbe invece riguardare gli allevamenti famigliari, tipici
dell'Appennino; ma soprattutto, oltre alle problematiche e ai
costi di eradicazione, sul tavolo sono le enormi conseguenze economiche che ricadono
sulle aree infette, dove viene
bloccato il commercio di animali e dei loro prodotti. Una situazione che rischierebbe di
tradursi in vera crisi per la provincia di Piacenza e tutta l'Emilia-Romagna, dove viene trasformato oltre il 50% dei prodotti Dop a base di carne di tutto il territorio nazionale.
Reazione tempestiva
Per questo la reazione del sistema zootecnico è stata tempestiva e già venerdì l'Unità di crisi locale della Provincia ha tenuto un'apposita riunione. Il
gruppo - coordinato dal dottor
Marco Maserati, direttore della sanità animale dell'Ausl - vede la partecipazione di tutti gli
enti a diverso titolo coinvolti
nell'emergenza, dalla Regione
all'Istituto zooprofilattico sperimentale fino ai Carabinieri forestali, Polizia provinciale, Protezione civile, Ente parco.
Sul tavolo le numerose e complesse problematiche collegate
all'emergenza, che potrebbe
portare al blocco dell'export
verso Paesi come Cina, Giappone, Taiwan e altri che hanno imposto barriere sanitarie alla importazione di prodotti dagli Stati europei precedentemente
colpiti dalla pandemia (Belgio,
Ungheria, Polonia, Germania)
ed in questi giorni anche all'Italia, senza tener conto della possibilità di regionalizzare le misure, principio riconosciuto dai
trattati WTO sul commercio
Interventi sul territorio
In questo quadro di grande
preoccupazione sono quindi
partiti gli interventi sul nostro
territorio. Il primo, tempestivamente adottato dalla Regione,
è stato la sospensione di tutte le
attività venatorie nei comuni di
Zerba e Ottone (confinanti con
la zona infetta). In tutti gli altri
comuni delle province di Parma e Piacenza è stata sospesa la
caccia eseguita con le modalità
collettiva e con i cani (modalità
che, spaventando i cinghiali,
contribuiscono alla diffusione
dell'infezione): il tutto con
l'obiettivo di non accelerare la
diffusione dell'infezione.
Per comprendere invece, se la
malattia è già arrivata sul nostro
territorio è fondamentale andare a battere le zone a rischio alla ricerca delle carcasse di cinghiali morti o anche singole ossa, nelle quali è possibile trovare il virus. La ricerca dell'infezione si concentra sugli animali deceduti o loro resti in quanto
la malattia - come dicevamo - è
mortale nella quasi totalità dei
soggetti colpiti.
Aree montane a rischio
Per questo intervento l'Unità di
crisi locale, coordinata dall'Ausl
di Piacenza, ha coinvolto i cacciatori delle varie Atc (ambito
territorio di caccia): in questo
scenario, il dottor Enrico Merli,
del Servizio agricoltura caccia e
pesca della Regione, che sta organizzando l'attività di ricerca,
ha individuato all'interno dei
comuni più a rischio per vicinanza geografica con la zona infetta, alcune aree montane dove la densità dei cinghiali è particolarmente elevata e quindi la
probabilità di trovare carcasse
di animali morti nell'ambiente
è maggiore.
Al termine della riunione di venerdì dell'Unità di crisi è stato
reso noto che i cacciatori, suddivisi in squadre, si sono impegnati a battere le aree individua te nei comuni di Ottone, Ferriere, Cortebrugnatella e Cerignale, anche con il supporto dei Carabinieri del Corpo forestale e
della Polizia provinciale.
«La risposta dei cacciatori - hanno spiegato i partecipanti
all'Unità - è stata molto positiva, perché hanno percepito la
gravità della situazione e la necessità del loro intervento immediato. L'impegno richiesto è
notevole perché bisognerà continuare queste battute con frequenza almeno settimanale per
molto tempo. Bisognerà valutare se questo sforzo potrà essere
ulteriormente supportato da altre figure di volontari o professionisti».
Vista la complessità degli interventi, anche in preparazione di
un eventuale aggravarsi della situazione, l'unità di crisi locale
si coordina con tutti i soggetti e
le istituzioni che possono essere coinvolte nelle attività operative e di ordine pubblico,
nell'ambito di un nucleo di coordinamento locale.
«114 paesi "infettati"»
Nel frattempo, Tommaso Foti,
deputato piacentino di Fratelli
d'Italia, ha presentato una dettagliata interrogazione al Governo, chiarendo come «allo
stato attuale sono già ben 114 i
comuni italiani ricompresi nella "zona infetta"».
«Occorre fare fronte immediatamente all'emergenza - prosegue Foti - con la consapevolezza, tuttavia, che questa è frutto
della mancata azione di prevenzione e contenimento dei cinghiali, spintisi ormai all'interno
di città e campagne».
Per quanto riguarda il settore
dell'export, Foti rimarca come
sia del tutto «inaccettabile che
diversi Paesi importatori non
riconoscano la regionalizzazione per la peste suina, considerando nel medesimo modo anche la produzione che proviene da aree non interessate dalla proliferazione della malattia,
quali ad esempio quella emiliana».
Infine arriva l'appello del parlamentare piacentino: «Occorrono immediate iniziative per la
gestione del cinghiale, certamente per la salvaguardia della
produzione suinicola nazionale e del relativo export, ma anche per la tutela della specie
stessa, la quale rischia di essere
vittima di una pandemia diffusa ed incontrollata».
Libertà