POLITICA E RELIGIONE
IN VIA MASCARETTI PREGHIERE COME IN VIA CAORSANA
Interrogazione parlamentare di Foti (FdI) che chiede l'intervento
di questura e prefettura sulla base di una pronuncia del Consiglio di Stato.
L'imam: «Anche noi abbiamo diritto di rivolgerci a Allah»
Vigilia del Ramadan
riesplode il caso
seconda "moschea"
Foti (Fdi) interroga la ministra Lamorgese: «Prefetto e questore
vigilino sull'edificio di via Mascaretti che non è un luogo di culto»
Manca una settimana all'inizio del Ramadan, lunedì 12
aprile dopo il tramonto. E si torna a parlare di moschea. Stavolta, però, non quella di Strada Caorsana, i cui approfondimenti del Comune sul cambio
d'uso in luogo di culto risulta
stiano proseguendo nel più
stretto riserbo. Bensì quella di
via Mascaretti che moschea, in
realtà non è, ma che come tale
viene comunque utilizzata da
una parte dei fedeli musulmani, quelli del Centro culturale
islamico.
E' di questi giorni, infatti, un'interrogazione del parlamentare
di Fratelli d'Italia Tommaso Foti (fatta insieme con i colleghi
Lucaselli, Butti, Mantovani,
Osnato e Zucconi) alla ministra
degli Interni Luciana Lamorgese finalizzata a sapere «quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare affinché
il prefetto e il questore della
provincia di Piacenza predispongano un efficace sistema
di controllo che impedisca
l'utilizzo ai fini di culto dell'immobile».
L'edificio di via Mascaretti 7 è
da anni al centro di una battaglia giudiziaria innescata nel
2018 da un'ordinanza del Comune che inibiva l'utilizzo della struttura quale luogo di culto, in violazione sia della destinazione urbanistica che d'uso
del locale. Un'ordinanza che
resta pienamente in vigore oggi dopo che nel 2019, in seguito al non accoglimento della
sospensiva da parte del Tar di
Parma, il Consiglio di Stato aveva anche respinto l'appello proposto dal Centro culturale islamico. Ciò non sembra essere
comunque bastato ai fedeli di Allah a desistere.
Nell'interrogazione Foti ricorda come «con nota del 17 ottobre 2013 prot. gen. 7810 veniva
notificata dal Comune di Piacenza al Centro culturale islamico, "diffida" ad utilizzare
l'immobile in modo difforme
dall'uso dichiarato ed autorizzato».
L'immobile in questione, infatti, collocato in zona classificata dal regolamento urbanistico
edilizio "tessuto a bassa densità", non poteva, né può, ospitare funzioni religiose. «Ciò nonostante sono continuate a
pervenire al Comune di Piacenza segnalazioni che l'immobile in questione veniva utilizzato di fatto quale sede di
culto, con notevole afflusso di
persone». Fatto questo confermato anche dall'imam Mohamed Shemis nell'intervista qui
a fianco. «Pare evidente - scrive Foti alla ministra - che, anche in ragione dei possibili problemi di ordine pubblico, non
è possibile lasciare alla sola polizia locale la verifica del rispetto dell'ordinanza comunale sopra indicata e risulta necessario, pertanto, predisporre adeguati e ripetuti controlli anche
da parte delle Forze dell'Ordine».
Foti sottolinea inoltre che « tra
gli interessi costituzionali da tenere in adeguata considerazione nel modulare la tutela della
libertà di culto – nel rigoroso rispetto dei canoni di stretta proporzionalità, per le ragioni
spiegate sopra – sono senz'altro da annoverare quelli relativi alla sicurezza, all'ordine pubblico e alla pacifica convivenza » e che «tuttavia, il perseguimento di tali interessi è affidato dalla Costituzione, con l'articolo 117, secondo comma,
lettera h), in via esclusiva allo
Stato » (Corte Costituzionale,
sentenza n. 63/ 2016)». Da qui
la richiesta di conoscere «se e
quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare affinché il prefetto e il questore della provincia di Piacenza predispongano un efficace sistema
di controllo che impedisca
l'utilizzo ai fini di culto dell'immobile di cui in premessa».
Un atto ispettivo che si inserisce nell'alveo del concetto di rispetto della legalità richiamato proprio da Foti in un'intervista nei giorni scorsi legata al
caso della moschea di Strada
Caorsana. Quella sì, oggi, una
moschea a tutti gli effetti.
Libertà