Regione (Archivio)

Modifica di norme delle leggi regionali in materia di edifici di culto

Data: 09/02/2015
Numero: 158
Soggetto: Assemblea
Data Risposta: 19/12/2017

"Modifica di norme delle leggi regionali 9 dicembre 2002, n. 34, e 24 marzo 2000, n. 20."

RELAZIONE


Colleghi Consiglieri!
è invalsa la consuetudine, in numerosi Enti locali dell'Emilia-Romagna, di presentare al Comune la richiesta di potere fruire di locali pubblici o privati da adibire a centro culturale. Una volta ottenuta la concessione degli spazi, ne viene chiesto il cambio di destinazione d'uso, pur in assenza di modifiche ai piani urbanistici, allo scopo di adibire i locali a luogo di culto, in ciò avvalendosi strumentalmente di alcune norme vigenti, quali quelle dettate dalla legge sull'associazionismo dell'Emilia Romagna.
La pratica di utilizzare costruzioni per attività diverse da quelle per le quali sono state realizzate, quando non tenga conto delle leggi sul governo del territorio, non può tuttavia essere considerata legittima soltanto perché riguarda - in generale - il diritto al culto.
Anche nella giurisprudenza più recente tali stratagemmi giuridici sono già stati oggetto di censura da parte dei giudici aditi: è il caso della sentenza 27 luglio 2010, n. 4915, del Consiglio di Stato, riferita ad una sala di preghiera islamica, che ha confermato quanto deciso dal Tribunale Amministrativo Regionale del Trentino Alto Adige - Sezione Autonoma per la Provincia di Bolzano - con sentenza 30 marzo 2009, n.
Allo stesso modo, la sentenza 27 novembre 2010, n. 8928, del Consiglio di Stato avverso l'accoglimento del ricorso della locale Associazione Centro Culturale Islamico da parte del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia (sentenza n. 2716/2009) - sempre in materia di abuso edilizio avvenuto durante un cambio di destinazione d'uso da un laboratorio artigiano a un luogo di preghiera - distingue il piano dei «diritti costituzionalmente tutelati, quale è il libero esercizio del culto» e l'esigenza della «corretta applicazione della normativa edilizia».
Nei fatti, sul territorio regionale, si assiste al sempre più diffuso fenomeno della proliferazione di associazioni asseritamente qualificate come "Associazioni di Promozione Sociale" (APS) che, nei fatti, hanno come funzione esclusiva e/o prevalente quella di gestire luoghi di culto per le comunità islamiche in immobili privi dei requisiti urbanistici, strutturali e di sicurezza, necessari per tale destinazione d'uso.
Dette associazioni si avvalgono, infatti, dei privilegi e delle agevolazioni riservate alle Associazioni di Promozione Sociale dalla Legge n. 383/2000, tra le quali quella prevista dall'articolo 32, comma 4, della citata legge, che dispone: "Le sedi delle associazioni di promozione sociale ed i locali nei quali si svolgono le relative attività, sono compatibili con tutte le destinazioni d'uso... indipendentemente dalla destinazione urbanistica.".
La Giustizia Amministrativa in materia è univoca nel considerare come incompatibile con l'Attività di Promozione Sociale ogni attività di culto, anche se congiunta con altre attività.
Da ultimo, con sentenza del 15 Gennaio 2013, n. 181, il Consiglio di Stato ha ribadito l'impossibilità di qualificare come Associazione di Promozione Sociale un'associazione islamica che, oltre a prevedere nel proprio statuto finalità quali: "favorire lo studio e la conoscenza della lingua araba e della cultura islamica, sia tra i credenti islamici sia tra i cittadini di diversa religione e cultura; promuovere una maggior comprensione, ecc.... " preveda di fare svolgere o faccia svolgere presso la propria sede attività di culto o di preghiera.
Il Consiglio di Stato ha anche precisato che la sede ed i locali di un'APS non possono essere suscettibili di un uso promiscuo tra attività di effettiva promozione sociale ed attività di culto, ribadendo nella citata sentenza n. 181/2013 che: "...proprio in considerazione della meritevolezza delle finalità perseguite dalle associazioni di promozione sociale, le relative sedi, ai sensi dell'articolo 32, L. 7 dicembre 2000 n. 383, sono localizzabili in tutte le parti del territorio urbano, essendo compatibile con ogni destinazione d'uso urbanistico, a prescindere dalla destinazione d'uso edilizio impressa specificamente e funzionalmente al singolo fabbricato, sulla base del permesso di costruire. Pertanto, ove, come nella specie..., si rischierebbe di consentire un utilizzo del tutto strumentale ed opportunistico della normativa di estremo favore sopra richiamata per porre un edificio destinato al culto in qualsiasi parte del territorio comunale. Occorre ulteriormente precisare che, ai sensi dell'articolo 1 della citata Legge n. 383/2000, il valore sociale dell'associazionismo liberamente costituito e delle sue molteplici attività come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo è riconosciuto anche per il conseguimento di finalità di carattere culturale e di ricerca etica e spirituale. E' evidente che la finalità di ricerca etica e spirituale è attività distinta dall'esercizio delle pratiche di culto, configurandosi la "ricerca" come attività che si giova della dimensione sociale e associativa attraverso lo scambio delle opinioni e delle conoscenze e che non può confondersi con la mera attività di culto, quale pratica religiosa esteriore riservata ai credenti di una determinata fede.".
Ritiene il proponente pertanto auspicabile che, per l'insediamento dei luoghi di culto, le amministrazioni locali predispongano, all'interno delle norme tecniche di attuazione dei Piani regolatori generali, o degli strumenti urbanistici che a quest'ultimi si sono sostituiti, apposite zone destinate ai servizi di quartiere, tra le quali sia specificamente prevista la categoria "AR - attrezzature religiose esclusi i conventi", non rivelandosi evidentemente idonee a tale scopo aree ad uso prevalentemente residenziale - atte a ospitare semmai associazioni politiche, sindacali, culturali e religiose - al fine dell'integrazione della residenza con le altre funzioni urbane.
Al riguardo - tenuto conto che, proprio perché l'insediamento di luoghi di culto non è fatto imprevedibile, soprattutto se riferito alla programmazione urbanistica (è il caso del Piano Operativo Comunale) avente validità quinquennale - ritiene il proponente che deve la legge prevedere il divieto di approvazione da parte del Consiglio Comunale di varianti urbanistiche finalizzate all'insediamento dei luoghi di culto.
Inoltre, appare doverosa la modifica di una norma, contenuta nella Legge Regionale 9 dicembre 2002, n. 34, che funge da grimaldello per aggirare le disposizioni di legge vigenti da parte di coloro che non sedi di associazioni di promozione sociale vogliono realizzare ma luoghi di culto, avvalendosi della equivoca definizione dettata dalla normativa vigente per il riconoscimento giuridico delle predette associazioni.
Ne segue la prospettata modifica sia dell'articolo 2, comma 1, lettera d) della Legge Regionale 9 dicembre 2002, n.34 e successive modifiche ed integrazioni, sia dell'articolo 34 della Legge Regionale 24 marzo 2000,n. 20, e successive modifiche ed integrazioni.

TESTO


Modifica dell'articolo 2 L.R. 9.12.2002, n. 34


Alla lettera d) dell'articolo 2, comma 1, della Legge Regionale 9 dicembre 2002, n. 34, dopo le parole "spirituale" aggiungere ", ma non all'attività di culto"


Modifica dell'articolo 34 della L.R. 24 marzo 2000, n. 20


Dopo il comma 1, è aggiunto il seguente comma 1-bis:
"E' fatto divieto di apportare modifiche al Piano Operativo Comunale, nel periodo di vigenza del medesimo, che consentano l'insediamento di luoghi di culto."

Il progetto di legge è stato abbinato al testo base dell'oggetto 4223

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TommasoFoti
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