Numero: 1-00163 / Mozione
Soggetto: Camera dei Deputati
Data Risposta: 08/04/2019
La Camera,
premesso che:
gli articoli 29, 30 e 31 della nostra Costituzione sono dedicati alla famiglia e al ruolo che ad essa è riservato nel nostro ordinamento, con particolare riferimento ai rapporti tra i coniugi, ai doveri e diritti rispetto ai figli, e ai compiti dello Stato nel sostegno da accordare alla formazione della famiglia e alla tutela della maternità, dell'infanzia e della gioventù, ed è compito del legislatore garantirne la formazione e tutelarne i singoli aspetti;
l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha definito quali politiche per la famiglia quelle che « aumentano le risorse dei nuclei familiari con figli a carico; favoriscono lo sviluppo del bambino; rimuovono gli ostacoli ad avere figli e alla conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare; e promuovono pari opportunità nell'occupazione »;
la denatalità e lo squilibrio demografico rappresentano una delle prime grandi emergenze italiane in questa fase storica della nostra Nazione; l'Istat stima che al 1° gennaio 2019 la popolazione in Italia ammonti a 60 milioni 391 mila residenti, oltre 90 mila in meno rispetto al 2017, oltre cinque milioni dei quali sono stranieri;
sempre secondo i dati Istat, nel 2018 sono avvenute 449 mila nascite, minimo storico dall'unità d'Italia, ossia 9 mila in meno rispetto al precedente registrato nel 2017, con una costante e progressiva diminuzione delle nascite dal 2008 al 2018, che in soli dieci anni ha visto 128 mila bambini in meno venire alla luce, e nel medesimo arco temporale sono diminuiti anche i decessi, che nel 2018 sono stati 636 mila, tredicimila meno di quelli avvenuti nel 2017;
pertanto, la dinamica naturale di nascite e decessi nel 2018 è negativa e l'Istat ha calcolato che le prossime nascite non saranno sufficienti a compensare i futuri decessi, nonostante la fecondità sia prevista in rialzo da 1,34 a 1,59 figli per donna nel periodo 2017-2065; la nostra società sta, dunque, invecchiando in maniera estremamente veloce, senza che vi sia un ricambio generazionale, con ripercussioni sociali drammatiche nel prossimo futuro, e che richiedono lo sviluppo di strategie a lungo termine, quali politiche più mirate di sostegno alle famiglie; in particolare, tra i fattori collegati alla denatalità gioco un ruolo importante la riduzione delle nascite da madre italiana, 358mila nel 2018 con una diminuzione di 8mila nascituri nel 2018 rispetto al 2017;
relativamente al tasso di sostituzione, cioè al numero di figli necessario per rimpiazzare naturalmente la popolazione, pari a un tasso di fertilità di 2,1 figli per donna, in Italia vi è un numero medio pari a 1,34 (1,46 nel 2010), con una differenziazione che vede attribuito alle donne italiane, in media, 1,26 figli (1,34 nel 2010), mentre alle cittadine straniere residenti 1,97 (2,43 nel 2010); in merito alla distribuzione sul territorio nazionale, la fecondità presenta un profilo diverso tra le regioni: nel 2018 la provincia autonoma di Bolzano si conferma l'area più prolifica della Nazione con 1,76 figli per donna, seguono la provincia di Trento (1,50), la Lombardia (1,38) e l'Emilia- Romagna (1,37), mentre le aree dell'Italia dove la fecondità è più contenuta sono tutte nel Mezzogiorno (1,29), in particolare in Basilicata (1,16), Molise (1,13) e Sardegna (1,06), e la situazione è critica anche nel Centro che, con 1,25 figli, occupa l'ultimo posto tra le ripartizioni geografiche e, in particolare, nel Lazio (1,23);
secondo quanto evidenziato durante il Festival di statistica 2018, le donne italiane in età riproduttiva sono sempre meno e hanno una propensione sempre più bassa ad avere figli, e le conseguenze saranno quelle di veder crollare la popolazione, arrivando nei prossimi 100 anni a poco più di 16 milioni di abitanti, rispetto ai 59 milioni e 423 mila attuali;
l'istituto statistico della Commissione europea, Eurostat, ha calcolato che il tasso di fertilità nell'Unione europea è sceso ai livelli più bassi durante la crisi economica (2008-2011), tanto da parlare di baby recession, e che nel suo complesso, l'Unione è passata da più di 7,2 milioni di nuovi bebé nel 1970 a 5 milioni e 114 mila neonati nel 2016;
secondo le rilevazioni di Eurostat, nessuno dei 28 Stati dell'Unione europea raggiunge il cosiddetto « livello di sostituzione », ossia quel numero di figli necessario per rimpiazzare naturalmente la popolazione, possibile solo con un tasso di fertilità pari a 2,1 figli per donna, mentre il tasso medio di natalità si attesta, invece, a 1,60 figli per donna; i tassi di natalità più alti sono state registrati in Irlanda (13,5 per 100 residenti), Svezia e Regno Unito (11,8 per cento) e Francia (11,7 per cento) mentre quelli più bassi sono stati registrati in Italia (7,8 per cento), Portogallo (8,4 per cento), Grecia (8,6 per cento), Spagna (8,7 per cento), Croazia (9,0 per cento) e Bulgaria (9,1 per cento). In termini assoluti, la popolazione nel 2016 è aumentata in diciotto Stati membri dell'Unione europea e diminuita in dieci, tra i quali l'Italia, che ha subìto una riduzione di popolazione del -1,3 per mille;
le previsioni dell'Onu dicono che gli ultrasessantenni sono oggi un quarto della popolazione europea, ma entro il 2050 saranno già il 35 per cento, e se per ogni persona di età superiore a 65 anni ci sono oggi 3,3 persone in età lavorativa, nel 2050 questa proporzione scenderà sotto la soglia di due, con l'Italia destinata ad averne 1,8 già nel 2035, con le inevitabili importanti ricadute sul sistema del welfare;
l'Italia, contrariamente ad altri Paesi europei, non ha sinora avuto un piano nazionale di politiche familiari, inteso come un quadro organico e di medio termine di politiche specificatamente rivolte alla famiglia, cioè aventi la famiglia come destinatario e come soggetto degli interventi; il piano nazionale per la famiglia varato nel 2012, che prendeva le mosse proprio dalla constatazione che sino ad allora avevano « largamente prevalso interventi frammentati e di breve periodo, di corto raggio, volti a risolvere alcuni specifici problemi delle famiglie senza una considerazione complessiva del ruolo che esse svolgono nella nostra società, oppure si sono avuti interventi che solo indirettamente e talvolta senza una piena consapevolezza hanno avuto (anche) la famiglia come destinatario », e che « in particolare, sono state largamente sottovalutate le esigenze delle famiglie con figli », non ha avuto alcun seguito e da allora non è stato adottato alcun nuovo piano;
anche la legge di bilancio per il 2019 non fa che confermare una linea di misure frammentate e una tantum che ha caratterizzato gli interventi pro famiglia degli ultimi anni, senza adottare, ancora una volta, iniziative strutturali, in grado di offrire un reale sostegno a quei cittadini che decidono di mettere al mondo dei figli;
il passivo demografico è uno dei problemi cardine dell'Italia: la crisi demografica è un tema strategico per il nostro futuro, ed è necessario dunque mettere in campo contromisure imponenti ed immediate atte ad adottare politiche di incentivo alla natalità e di sostegno alla maternità;
a questi fattori si aggiungono, nondimeno: l'assenza di politiche efficaci a sostegno della famiglia e della maternità, unitamente alla scarsa tutela accordata alle donne lavoratrici; l'insufficienza e l'inadeguatezza dei servizi di assistenza, con servizi educativi e scolastici costosi, con la mancanza di una rete sussidiaria;
altra difficoltà rilevata è quella concernente la relazione tra maternità e disoccupazione femminile, vale a dire l'impossibilità per le donne di proseguire a lavorare dopo essere diventate madri, questione strettamente legata alla presenza e/o accessibilità dei servizi per l'infanzia;
è stato stimato, infatti, che solamente 43 donne su cento continuano a mantenere il proprio lavoro in seguito alla nascita di un bambino, e spesso le neomamme subiscono anche una grave decurtazione stipendiale, che può arrivare anche al 20 per cento nei venti mesi successivi al parto;
dare maggiori possibilità alle madri di mantenere il posto di lavoro ha, tuttavia, una serie di ricadute in termini di crescita del prodotto interno lordo, di sostenibilità finanziaria della spesa sociale, di capacità delle famiglie di sostenersi (i dati dicono che le famiglie monoreddito sono esponenzialmente più a rischio di povertà), ma perché ciò avvenga non bastano i bonus, ma urge piuttosto una riforma strutturale;
la rete dei servizi per la prima infanzia è uno strumento essenziale sia per il benessere e lo sviluppo dei bambini, sia per il sostegno al ruolo educativo dei genitori nell'ambito della conciliazione dei tempi di lavoro con quelli della famiglia; in Italia si continuano a registrare considerevoli ritardi nel recepimento delle iniziative normative europee in materia di sostegno alla genitorialità e servizi alla famiglia, e da anni l'Europa raccomanda all'Italia di moltiplicare gli strumenti che facilitano l'ingresso nel mondo del lavoro di chi ha una famiglia, per poter puntare all'equilibrio dei conti pubblici e a tornare a crescere dopo anni di debolezza;
l'obiettivo fissato in sede europea che prevedeva una copertura territoriale dei servizi per l'infanzia almeno al 33 per cento entro il 2010, è ancora oggi largamente disattesa in Italia, dove tale copertura arriva in media ad appena il venti per cento, con punte minime del tredici per cento di strutture nelle regioni meridionali; a questo si aggiunge la scarsa diffusione di modelli di accoglimento alternativi agli asili nido, sul modello, ad esempio, delle Tagesmutter tedesche;
un efficace sostegno alle famiglie, inoltre, non può prescindere da un insieme di politiche abitative che possano garantire un alloggio ai nuclei che non possiedono sufficienti risorse proprie per acquistarne o locarne uno, al fine di realizzare pienamente il diritto alla casa;
i provvedimenti a sostegno della natalità e della maternità sin qui adottati dimostrano di non aver risolto il problema del calo delle nascite, e tantomeno di restituire alle giovani coppie quel diritto al futuro del quale la genitorialità è una componente essenziale,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative per avviare una rivoluzione del welfare che metta la famiglia naturale al centro dello Stato sociale e porre in essere un imponente piano di incentivo alla natalità per invertire il trend negativo del calo demografico in Italia;
2) ad adottare iniziative per introdurre il reddito per l'infanzia, per consentire l'erogazione di un assegno familiare di quattrocento euro al mese per i primi sei anni di vita per ogni figlio minore a carico per le coppie con redditi sotto gli ottantamila euro annui;
3) ad adottare iniziative per avviare una profonda revisione del sistema fiscale – con particolare riguardo al complesso delle detrazioni e deduzioni – prevedendo efficaci misure di agevolazione in favore delle famiglie con figli a carico, al fine di assicurare un prelievo più equo e progressivo basato sul quoziente familiare;
4) a promuovere il rilancio dell'occupazione femminile facilitando l'accesso al lavoro part-time e al telelavoro previsto dalla legge n. 81 del 2017, con l'obiettivo di garantire una più ampia flessibilità nella scelta dell'orario di lavoro e permettere alle madri di scegliere di trascorrere più tempo a casa con il proprio figlio;
5) ad adottare iniziative per prevedere incentivi in favore delle imprese che assumono neomamme e donne in età fertile;
6) ad adottare iniziative per definire incentivi per le aziende che prevedano, al loro interno, delle aree adibite ad asilo nido aziendali per le mamme lavoratrici;
7) ad adottare iniziative per prevedere l'esenzione contributiva per tutte le assunzioni in sostituzione di maternità, a fronte della riduzione del 50 per cento che vige oggi solo per le imprese fino a venti dipendenti, così da poter consentire alle imprese una riduzione degli oneri a loro carico;
8) ad assumere le iniziative di competenza affinché gli asili nido siano gratuiti ed aperti fino all'orario di chiusura di negozi e uffici e prevedano un sistema di turnazione nel periodo estivo per le madri lavoratrici;
9) a sostenere il potenziamento dell'offerta pubblico-privata degli asili nido, anche attraverso l'incentivazione dei nidi condominiali, sui luoghi di lavoro e in case private secondo il modello tedesco delle Tagesmutter;
10) ad adottare iniziative per applicare la deducibilità del costo del lavoro domestico di baby sitter, al fine di agevolare quelle famiglie che affrontano spese extra per l'assistenza dei loro figli;
11) ad adottare iniziative per garantire la copertura del congedo parentale, di 180 giorni, fino all'80 per cento, sia per i dipendenti pubblici che privati, e per un periodo che copra fino al sesto anno di vita, a fronte di quello attuale del 30 per cento;
12) ad adottare iniziative per prevedere il pieno riconoscimento dell'opera dei caregiver familiari.
Mozione sottoscritta dai parlamentari: Meloni, Lollobrigida, Bellucci, Acquaroli, Bucalo, Butti, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Fidanza, Foti, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi ».
Nella seduta dell'8 aprile la mozione è stata riformulata così come segue.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione sono dedicati alla famiglia e al ruolo che ad essa è riservato nell'ordinamento, con particolare riferimento ai rapporti tra i coniugi, ai doveri e diritti rispetto ai figli e ai compiti dello Stato nel sostegno da accordare alla formazione della famiglia e alla tutela della maternità, dell'infanzia e della gioventù, ed è compito del legislatore garantirne la formazione e tutelarne i singoli aspetti;
l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha definito quali politiche per la famiglia quelle che « aumentano le risorse dei nuclei familiari con figli a carico; favoriscono lo sviluppo del bambino; rimuovono gli ostacoli ad avere figli e alla conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare;
e promuovono pari opportunità nell'occupazione »; la denatalità e lo squilibrio demografico rappresentano una delle prime grandi emergenze italiane in questa fase storica della nostra Nazione; l'Istat stima che al 1° gennaio 2019 la popolazione in Italia ammonti a 60 milioni 391 mila residenti, oltre 90 mila in meno rispetto al 2017, oltre cinque milioni dei quali sono stranieri;
sempre secondo i dati Istat, nel 2018 sono avvenute 449 mila nascite, minimo storico dall'unità d'Italia, ossia 9 mila in meno rispetto al precedente registrato nel 2017, con una costante e progressiva diminuzione delle nascite dal 2008 al 2018, che in soli dieci anni ha visto 128 mila bambini in meno venire alla luce e, nel medesimo arco temporale, sono diminuiti anche i decessi, che nel 2018 sono stati 636 mila, tredicimila meno di quelli avvenuti nel 2017;
pertanto, la dinamica naturale di nascite e decessi nel 2018 è negativa e l'Istat ha calcolato che le prossime nascite non saranno sufficienti a compensare i futuri decessi, nonostante la fecondità sia prevista in rialzo da 1,34 a 1,59 figli per donna nel periodo 2017-2065;
la società italiana sta, dunque, invecchiando in maniera estremamente veloce, senza che vi sia un ricambio generazionale, con ripercussioni sociali drammatiche nel prossimo futuro, che richiedono lo sviluppo di strategie a lungo termine, quali politiche più mirate di sostegno alle famiglie; in particolare, tra i fattori collegati alla denatalità gioca un ruolo importante la riduzione delle nascite da madre italiana, 358 mila nel 2018 con una diminuzione di 8 mila nascituri nel 2018 rispetto al 2017;
relativamente al tasso di sostituzione, cioè al numero di figli necessario per rimpiazzare naturalmente la popolazione, pari a un tasso di fertilità di 2,1 figli per donna, in Italia vi è un numero medio pari a 1,34 (1,46 nel 2010), con una differenziazione che vede attribuito alle donne italiane, in media, 1,26 figli (1,34 nel 2010), mentre alle cittadine straniere residenti 1,97 (2,43 nel 2010);
in merito alla distribuzione sul territorio nazionale, la fecondità presenta un profilo diverso tra le regioni: nel 2018 la provincia autonoma di Bolzano si conferma l'area più prolifica della nazione con 1,76 figli per donna, seguono la provincia di Trento (1,50), la Lombardia (1,38) e l'Emilia- Romagna (1,37), mentre le aree dell'Italia dove la fecondità è più contenuta sono tutte nel Mezzogiorno (1,29), in particolare in Basilicata (1,16), Molise (1,13) e Sardegna (1,06), e la situazione è critica anche nel Centro che, con 1,25 figli, occupa l'ultimo posto tra le ripartizioni geografiche e, in particolare, nel Lazio (1,23);
secondo quanto evidenziato durante il Festival di statistica 2018, le donne italiane in età riproduttiva sono sempre meno e hanno una propensione sempre più bassa ad avere figli e le conseguenze saranno quelle di veder crollare la popolazione, arrivando nei prossimi 100 anni a poco più di 16 milioni di abitanti, rispetto ai 59 milioni e 423 mila attuali;
l'istituto statistico della Commissione europea, Eurostat, ha calcolato che il tasso di fertilità nell'Unione europea è sceso ai livelli più bassi durante la crisi economica (2008-2011), tanto da parlare di baby recession, e che nel suo complesso l'Unione è passata da più di 7,2 milioni di nuovi bebé nel 1970 a 5 milioni e 114 mila neonati nel 2016;
secondo le rilevazioni di Eurostat, nessuno dei 28 Stati dell'Unione europea raggiunge il cosiddetto « livello di sostituzione », ossia quel numero di figli necessario per rimpiazzare naturalmente la popolazione, possibile solo con un tasso di fertilità pari a 2,1 figli per donna, mentre il tasso medio di natalità si attesta, invece, a 1,60 figli per donna;
i tassi di natalità più alti sono stati registrati in Irlanda (13,5 per 100 residenti), Svezia e Regno Unito (11,8 per cento) e Francia (11,7 per cento), mentre quelli più bassi sono stati registrati in Italia (7,8 per cento), Portogallo (8,4 per cento), Grecia (8,6 per cento), Spagna (8,7 per cento), Croazia (9,0 per cento) e Bulgaria (9,1 per cento). In termini assoluti, la popolazione nel 2016 è aumentata in diciotto Stati membri dell'Unione europea e diminuita in dieci, tra i quali l'Italia, che ha subito una riduzione di popolazione del -1,3 per mille;
le previsioni dell'Onu dicono che gli ultrasessantenni sono oggi un quarto della popolazione europea, ma entro il 2050 saranno già il 35 per cento, e se per ogni persona di età superiore a 65 anni ci sono oggi 3,3 persone in età lavorativa, nel 2050 questa proporzione scenderà sotto la soglia di due, con l'Italia destinata ad averne 1,8 già nel 2035, con le inevitabili importanti ricadute sul sistema del welfare; l'Italia, contrariamente ad altri Paesi europei, non ha sinora avuto un piano nazionale di politiche familiari, inteso come un quadro organico e di medio termine di politiche specificatamente rivolte alla famiglia, cioè aventi la famiglia come destinatario e come soggetto degli interventi;
il piano nazionale per la famiglia varato nel 2012, che prendeva le mosse proprio dalla constatazione che sino ad allora avevano « largamente prevalso interventi frammentati e di breve periodo, di corto raggio, volti a risolvere alcuni specifici problemi delle famiglie senza una considerazione complessiva del ruolo che esse svolgono nella nostra società, oppure si sono avuti interventi che solo indirettamente e talvolta senza una piena consapevolezza hanno avuto (anche) la famiglia come destinatario » e che « in particolare, sono state largamente sottovalutate le esigenze delle famiglie con figli », non ha avuto alcun seguito e da allora non è stato adottato alcun nuovo piano;
anche la legge di bilancio per il 2019 non fa che confermare una linea di misure frammentate e una tantum che ha caratterizzato gli interventi pro famiglia degli ultimi anni, senza adottare, ancora una volta, iniziative strutturali, in grado di offrire un reale sostegno a quei cittadini che decidono di mettere al mondo dei figli;
il passivo demografico è uno dei problemi cardine dell'Italia: la crisi demografica è un tema strategico per il futuro ed è necessario, dunque, mettere in campo contromisure imponenti ed immediate atte ad adottare politiche di incentivo alla natalità e di sostegno alla maternità; a questi fattori si aggiungono, nondimeno: l'assenza di politiche efficaci a sostegno della famiglia e della maternità, unitamente alla scarsa tutela accordata alle donne lavoratrici; l'insufficienza e l'inadeguatezza dei servizi di assistenza, con servizi educativi e scolastici costosi, con la mancanza di una rete sussidiaria;
altra difficoltà rilevata è quella concernente la relazione tra maternità e disoccupazione femminile, vale a dire l'impossibilità per le donne di proseguire a lavorare dopo essere diventate madri, questione strettamente legata alla presenza e/o accessibilità dei servizi per l'infanzia;
è stato stimato, infatti, che solamente 43 donne su 100 continuano a mantenere il proprio lavoro in seguito alla nascita di un bambino e spesso le neomamme subiscono anche una grave decurtazione stipendiale, che può arrivare anche al 20 per cento nei venti mesi successivi al parto;
dare maggiori possibilità alle madri di mantenere il posto di lavoro ha, tuttavia, una serie di ricadute in termini di crescita del prodotto interno lordo, di sostenibilità finanziaria della spesa sociale, di capacità delle famiglie di sostenersi (i dati dicono che le famiglie monoreddito sono esponenzialmente più a rischio di povertà), ma perché ciò avvenga non bastano i bonus, ma urge piuttosto una riforma strutturale;
la rete dei servizi per la prima infanzia è uno strumento essenziale sia per il benessere e lo sviluppo dei bambini, sia per il sostegno al ruolo educativo dei genitori nell'ambito della conciliazione dei tempi di lavoro con quelli della famiglia;
in Italia si continuano a registrare considerevoli ritardi nel recepimento delle iniziative normative europee in materia di sostegno alla genitorialità e servizi alla famiglia e da anni l'Europa raccomanda all'Italia di moltiplicare gli strumenti che facilitano l'ingresso nel mondo del lavoro di chi ha una famiglia, per poter puntare all'equilibrio dei conti pubblici e a tornare a crescere dopo anni di debolezza;
l'obiettivo fissato in sede europea, che prevedeva una copertura territoriale dei servizi per l'infanzia almeno al 33 per cento entro il 2010, è ancora oggi largamente disatteso in Italia, dove tale copertura arriva in media ad appena il 20 per cento, con punte minime del 13 per cento di strutture nelle regioni meridionali; a questo si aggiunge la scarsa diffusione di modelli di accoglimento alternativi agli asili nido, sul modello, ad esempio, delle Tagesmutter tedesche;
un efficace sostegno alle famiglie, inoltre, non può prescindere da un insieme di politiche abitative che possano garantire un alloggio ai nuclei che non possiedono sufficienti risorse proprie per acquistarne o locarne uno, al fine di realizzare pienamente il diritto alla casa;
i provvedimenti a sostegno della natalità e della maternità sin qui adottati dimostrano di non aver risolto il problema del calo delle nascite e tantomeno di restituire alle giovani coppie quel diritto al futuro, del quale la genitorialità è una componente essenziale,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative per avviare una rivoluzione del welfare che metta la famiglia naturale al centro dello Stato sociale e porre in essere un imponente piano di incentivo alla natalità per invertire il trend negativo del calo demografico in Italia;
2) ad adottare iniziative per introdurre il reddito per l'infanzia, per consentire l'erogazione di un assegno familiare di 400 euro al mese per i primi sei anni di vita per ogni figlio minore a carico per le coppie con redditi sotto gli 80.000 euro annui;
3) ad adottare iniziative per avviare una profonda revisione del sistema fiscale – con particolare riguardo al complesso delle detrazioni e deduzioni – prevedendo efficaci misure di agevolazione in favore delle famiglie con figli a carico, al fine di assicurare un prelievo più equo e progressivo basato sul quoziente familiare;
4) ad assumere ogni iniziativa di competenza per garantire la piena attuazione della legge 22 maggio 1978, n. 194, con particolare riferimento alle attività da porre in essere per scoraggiare il ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza e sostenere le donne nel percorso della maternità, assicurando lo stanziamento di adeguate risorse per tutte le iniziative che offrano a queste madri un'alternativa all'aborto, attraverso la creazione di ulteriori centri di aiuto, attraverso forme di sostegno economico erogato direttamente alle madri, attraverso la creazione di politiche abitative che favoriscano questa categoria ed individuando ogni altra iniziativa utile a sostenere questi nuovi genitori;
5) a promuovere il rilancio dell'occupazione femminile facilitando l'accesso al lavoro part-time e al telelavoro previsto dalla legge n. 81 del 2017, con l'obiettivo di garantire una più ampia flessibilità nella scelta dell'orario di lavoro e permettere alle madri di scegliere di trascorrere più tempo a casa con il proprio figlio;
6) ad adottare iniziative per prevedere incentivi in favore delle imprese che assumono neomamme e donne in età fertile;
7) ad adottare iniziative per definire incentivi per le aziende che prevedano, al loro interno, delle aree adibite ad asilo nido aziendali per le mamme lavoratrici;
8) ad adottare iniziative per prevedere l'esenzione contributiva per tutte le assunzioni in sostituzione di maternità, a fronte della riduzione del 50 per cento che vige oggi solo per le imprese fino a venti dipendenti, così da poter consentire alle imprese una riduzione degli oneri a loro carico;
9) ad assumere le iniziative di competenza affinché gli asili nido siano gratuiti ed aperti fino all'orario di chiusura di negozi e uffici e prevedano un sistema di turnazione nel periodo estivo per le madri lavoratrici;
10) a sostenere il potenziamento dell'offerta pubblico-privata degli asili nido, anche attraverso l'incentivazione dei nidi condominiali, sui luoghi di lavoro e in case private secondo il modello tedesco delle Tagesmutter;
11) ad adottare iniziative per applicare la deducibilità del costo del lavoro domestico di baby sitter, al fine di agevolare quelle famiglie che affrontano spese extra per l'assistenza dei loro figli;
12) ad adottare iniziative per garantire la copertura del congedo parentale, di 180 giorni, fino all'80 per cento, sia per i dipendenti pubblici che privati, e per un periodo che copra fino al sesto anno di vita, a fronte di quello attuale del 30 per cento;
13) ad adottare iniziative per prevedere il pieno riconoscimento dell'opera dei caregiver familiari.
Nella seduta dell'8 aprile 2019 la prosecuzione del dibattito è stata rimandata al altra seduta.
DIBATTITO IN ASSEMBLEA, SEDUTA DELL'8 APRILE 2019
...
MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario, Fratelli d'Italia con questa mozione ha voluto porre al centro dell'attenzione della politica della Camera dei deputati la famiglia, la natalità e le politiche di promozione della famiglia e della natalità, semplicemente con l'obiettivo di dare piena attuazione a quello che l'articolo 31 della Costituzione sancisce. Quello che dice l'articolo 31 è che la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia, in particolare delle famiglie numerose; e dice anche, all'articolo 29, che la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, un matrimonio tra un uomo e una donna. Ebbene, noi, quando andiamo un po' a guardare la situazione della nostra Italia, quello che possiamo osservare è che quell'articolo, proprio l'articolo 31, è assolutamente inattuato. Non è un'opinione soggettiva e di parte, ma sono proprio i dati a dirlo. Ieri, tutti i telegiornali hanno sottolineato come, il prossimo anno, ci saranno 70 mila studenti in meno nelle nostre scuole e hanno anche sottolineato come tutto questo è correlato alla denatalità. Si parla di desertificazione, desertificazione della nostra Italia, perché in Italia non nascono più bambini: lo vediamo nelle nostre scuole, lo vediamo nei reparti di maternità, lo vediamo in tutte le famiglie e in quei giovani che decidono di unirsi, ma che poi non riescono a fare dei figli. Se osserviamo i dati dello scorso anno, del 2018, vediamo che sono nati 449 mila bambini, e vediamo che c'è un minimo storico rispetto all'Unità d'Italia, perché sono nati 9 mila bambini in meno. Addirittura, se osserviamo il tasso di sostituzione, abbiamo un tasso di sostituzione negativo, ovvero in parole semplici i bambini che nascono non sono sufficienti a coprire le morti, e quindi a far sì che la nostra Italia non solo possa continuare ad essere fatta di 60 milioni di abitanti, ma che possa anche magari ambire a crescere. È stato verificato che, in cento anni, da 60 milioni arriveremo a 16 milioni di italiani; e tutto questo è drammatico, perché una nazione che non fa figli è una nazione destinata a morire, è una nazione destinata a crollare, a crollare ed a trovarsi nell'assoluta situazione di una grande distruzione della propria esistenza. In tutto questo, vediamo che il tasso di fertilità della nostra Italia è tra i più bassi in Europa: in Italia ogni donna fa 1,34 bambini. Sappiamo tutti bene che il tasso di fertilità dovrebbe essere pari al 2,1, cioè ogni donna dovrebbe dare alla luce due bambini e qualcosa di più per garantire che ci sia un'esistenza ancora della nostra Italia; ma così non è. E, purtroppo, la situazione più drammatica la vedono le nostre italiane, cioè le donne italiane, perché quell'1,34 scende a 1,26 figli a donna: perché noi raggiungiamo l'1,34 grazie ai cittadini stranieri, che invece hanno un tasso di fertilità di 1,97. E per questo una parte politica, per esempio la sinistra, il centrosinistra, aveva immaginato che la risposta alla denatalità in Italia fosse quella di poter accogliere più immigrati, più cittadini stranieri, magari anche clandestini, per far sì che allora si innalzasse quel tasso di fertilità. Ebbene, noi l'abbiamo detto forte e chiaro: noi non ci arrendiamo, non ci arrendiamo a credere che le donne italiane possano continuare a partorire, possano essere aiutate a partorire quei figli che desiderano. Perché non è che le italiane non desiderano partorire, non è che non desiderano avere figli: è che sono nell'impossibilità di farli, a fronte di una politica che non attua l'articolo 31 della Costituzione e non offre quelle misure che possano incentivare la natalità, cioè che possano sostenere il diritto di ogni donna e di ogni uomo ad ambire ad avere della prole, ad avere dei figli. Perché oggi è diventato un lusso, per pochi e non per tutti: per ricchi, per chi se lo può permettere; e questo è davvero vergognoso. Noi crediamo semplicemente in una politica che ponga la natalità e la famiglia come priorità tra le priorità. Non può essere un punto succedaneo, successivo ad altri, o magari qualcosa a cui dare risposte nella prossima legge di bilancio, perché non può essere un bene, un diritto secondario da difendere, e non è con il senno del poi che viene difeso. È per questo che non ci arrendiamo a questa idea: non ci arrendiamo a questa idea, che è una problematica non soltanto italiana, è una problematica europea. Se guardiamo i dati in Europa troviamo la stessa situazione: l'Europa è il continente con il più basso tasso di natalità, il più basso tasso di fertilità. La nostra stessa Europa è nella stessa condizione dell'Italia, seppur la media è un po' più alta: non 1,34 ma 1,60; comunque, non raggiunge il 2,1 e, quindi, quel tasso di sostituzione e di fertilità che potrebbe garantire la continua esistenza della nostra Europa e dei nostri cittadini europei. La situazione più drammatica è al Sud nella nostra Italia, perché noi abbiamo tassi più alti a Bolzano, a Trento, in Lombardia, ma invece troviamo che la situazione che viene a presentarsi in Basilicata, in Molise e Sardegna è drammatica, con una media intorno all'1,29, e in Sardegna arriva addirittura all'1,06: una situazione, quindi, che certamente vede il Mezzogiorno come l'ultimo tra gli ultimi, anche in questo è abbandonato. Oltre alle giuste risorse per gli investimenti, per le infrastrutture, troviamo anche che la famiglia e la natalità non vengono sostenute, e quindi che anche le famiglie nel Mezzogiorno si trovano a non poter procreare e fare figli. Tutto questo non è un caso: anche l'ONU ci dice che gli ultrasessantenni stanno aumentando sempre di più. Abbiamo attualmente il 25 per cento della popolazione che ha più di 65 anni, e in una proiezione al 2050 arriverà al 35 per cento la popolazione ultrasessantacinquenne. Non è allora soltanto una questione etica, valoriale, ma è anche una questione economica: come fa uno Stato a reggersi quando non ci sono più figli e, quindi, non ci saranno più lavoratori, non ci sarà più chi contribuirà al welfare della nostra nazione? Investire in natalità significa investire e lavorare per l'economia, significa investire e lavorare per rendere questa nostra Italia sostenibile; e se non mettiamo questo come priorità, in realtà costruiremo la nostra distruzione ed il nostro fallimento. E anche questo non è un caso: non è un caso se noi vediamo la legge di bilancio del 2019, per esempio. Perché la legge di bilancio per il 2019, cioè l'ultima che abbiamo approvato, in realtà sì, vede per la famiglia qualche misura, ci vogliono dire che sono misure interessanti, ma in realtà non lo sono: lo dico forte e chiaro, perché non è con la logica e con la politica dei bonus che vengono date risposte alle famiglie. Ce l'ha detto il Forum per le famiglie, ce lo dicono le associazioni del terzo settore, ce lo dicono le diverse agenzie che si occupano di monitorare la famiglia e la natalità: non è con i bonus che si dà una risposta. Non è con i bonus natalità, non è con i bonus asili nido: sono dei contentini, che vedono in quella tematica soltanto un'attenzione limitata e secondaria. E non è di certo neanche con la flessibilità di fruizione del congedo per la maternità che è stata inserita, con cui si dà la possibilità alle donne di lavorare fino al nono mese: non è questa la misura che mette al centro la famiglia e la natalità; anzi, magari nasconde pure dei rischi, che sono abbastanza ovvi. Quando si mettono in atto quindi questo tipo di politiche e si immaginano da parte di questo Governo, Lega e MoVimento 5 Stelle, in realtà si sottolinea quanto non ci sia stato sufficiente interesse per poter sostenere la famiglia. Non crediamo assolutamente che questo tipo di misure, quindi i bonus, possano essere e possano continuare ad essere la risposta alla problematica della natalità. Noi immaginiamo qualcosa di diverso, l'abbiamo sempre detto. L'abbiamo sempre detto perché, se guardiamo anche la disoccupazione femminile, vediamo che, su 100 donne, soltanto 43 possono mantenere il proprio lavoro; e, quindi, anche qui vediamo che la conciliazione dei tempi di lavoro e dei tempi di vita non è garantita né è rispettata, e anche su questo non ci sono assolutamente risposte. Come non vi sono risposte rispetto ad un obiettivo che abbiamo bucato da tempo, perché l'Europa, con l'obiettivo di Lisbona, ci diceva che dovevamo raggiungere il 33 per cento nella nostra Italia per l'offerta degli asili nido, dei servizi educativi, per permettere a quelle mamme, sì, di lavorare, ma anche di offrire le giuste cure ai propri piccoli. Beh, in Italia oggi, nel 2019, siamo ad una media, a livello nazionale, del 20 per cento, addirittura in alcune regioni, purtroppo in diverse regioni, raggiungiamo il 13 per cento. E queste regioni sono sempre quelle del Mezzogiorno, perché il Mezzogiorno in questo non deve avere risposte evidentemente. Dopo nove anni, ancora non abbiamo raggiunto quell'obiettivo: anche qui, abbiamo una risposta su come mai la denatalità sia una realtà nella nostra Italia e, anche qui, non abbiamo avuto delle misure imponenti, di sistema, non degli aiutini di Stato che non raggiungono nulla. Allora, su questo, noi l'abbiamo detto sin dalla campagna elettorale cosa immaginavamo, ministro Fontana: noi immaginavamo che un Governo dovesse varare un imponente piano per la natalità come primo obiettivo italiano da dover raggiungere, perché non ci sono altre cose da fare, perché se io non garantisco, se noi non garantiamo la nascita di altri bambini, la nascita di altri italiani, tutto il resto che riguarderà il nostro intervento, le nostre azioni, la nostra politica cadrà nel vuoto; avremo uno Stato con confini nazionali, ma senza abitanti, senza persone a cui dare delle risposte, e la nostra politica, che è una politica per il bene comune, è una politica per il bene delle persone: le persone prima di tutto. E, allora, prima di tutto, il loro diritto a nascere e il loro diritto a vivere. È per questo che non abbiamo mai creduto nel reddito di cittadinanza, perché, ancor prima, il reddito d'infanzia è la possibilità di far nascere, ancor prima anche per quella sostenibilità economica della nostra Italia, perché se non nascono italiani, come si possono immaginare delle politiche di welfare? Come si possono immaginare delle politiche che possono supportare chi non ce la fa, i più fragili, quindi i bambini, i disabili, Ministro Fontana, gli anziani? Come si può, se non nascono bambini? Allora, noi crediamo che sia un problema rimandare questi obiettivi alla prossima finanziaria, che lo sia oggi un problema. Per questo credevamo che un imponente piano per la natalità dovesse essere varato e che all'interno di quell'imponente piano per la natalità vi dovesse essere il reddito d'infanzia - 400 euro a bambino -, vi dovesse essere un'offerta generale di asili nido gratuiti, vi dovesse essere la promozione di un'offerta pubblico-privato di asili nido, vi dovessero essere delle politiche per il lavoro che incentivassero la natalità e incentivassero quelle mamme che vogliono continuare a lavorare, a poter lavorare, con una politica più flessibile anche del part-time, con un sostegno alle imprese, che oggi non si vedono sostenute, neanche laddove devono, ovviamente, inserire un'altra donna a fronte della maternità e devono continuare a pagare i contributi. Immaginavamo un'esenzione dei contributi, immaginavamo un incentivo per le imprese che volessero assumere delle mamme oppure delle donne fertili. Semplici misure, certo, ma da mettere al centro e da mettere come priorità. È ovvio, servono delle economie, ma qui è la politica che deve scegliere, deve scegliere dove destinare le economie. Allora, non è che non si può fare: si può fare, ma dipende da ciò che viene posto come priorità nella propria agenda politica nelle risposte che devono essere date agli italiani. È per questo che credevamo che il reddito d'infanzia dovesse venire prima del reddito di cittadinanza, ma, invece, siamo stati delusi: abbiamo provato a starvi vicino, ad incentivarvi, a sottolineare, a farvi comprendere quanto era importante. E non ci stiamo arrendendo, perché oggi, con questa mozione, vogliamo continuare ad essere un pungolo per una buona politica, una politica che metta realmente al centro la famiglia e la natalità. Non ci stancheremo di dirvelo, e non ci stancheremo di dirvelo per i 60 milioni di italiani che ci stanno guardando, perché non ci arrendiamo all'idea che, nei prossimi anni, nei prossimi cento anni, arriveremo a 16 milioni, non ci arrendiamo a questo, non ci arrenderemo mai: continueremo a lottare per far sì che ogni mamma possa avere tutti i figli che vuole, possa arrivare non soltanto a farne 1,34, ma almeno quel 2,1 che è il tasso di fertilità e di sostituzione imprescindibile. Questo la politica dovrebbe fare, questo noi dovremmo fare in questo Parlamento: lottare perché il diritto alla vita e all'esistenza venga difeso in ogni momento. Oggi lo facciamo con questa mozione, speriamo di poter vedere l'adesione di tutte le forze politiche a quello che dovrebbe essere un valore condiviso, un valore da difendere tutti insieme, uniti, prendendoci per mano. Quindi, mi auguro che, in questa mozione, si possa trovare la sintesi per una buona politica, per far sì che, quando guarderemo negli occhi una donna e un uomo che decidono oggi di fare questa scommessa, questo atto di coraggio in solitudine rispetto ad uno Stato distratto e ad un Governo che, fino adesso lo è stato troppo, quando guarderemo loro negli occhi, si potrà essere convinti di aver fatto ciò che è giusto, ossia di averli aiutati in quel percorso di bellezza che è la procreazione e la nascita di un piccolo, aver avuto lo Stato a fianco, aver avuto una politica amica, anzi una politica genitrice che accompagna i suoi figli, che fa sì che possano diventare adulti e che possano, a loro volta, accompagnare le nuove generazioni. Noi, Ministro Fontana, saremo qui, Fratelli d'Italia sarà qui per potervi aiutare a fare questa politica: saremo al vostro fianco se voi vorrete farlo, saremo, invece, i vostri avversari più agguerriti se questi non saranno i passi che voi intraprenderete, perché, prima di tutto e prima di ogni cosa, c'è il popolo italiano e il diritto alla sua esistenza e alla sua vita.
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PRESIDENTE. Il Governo intende intervenire o si riserva di farlo successivamente?
LORENZO FONTANA, Ministro per la Famiglia e le disabilità. Giusto un minuto per ringraziare l'Aula per le varie mozioni. Io ancora non le ho tutte, ma ho potuto dare una lettura - ovviamente superficiale - e devo dire che ci sono molti spunti interessanti. Io sono anche convinto, vista la sensibilità che c'è su alcune tematiche - che mi sembra ci sia da parte di tutti i gruppi politici - che si possa fare un lavoro unitario. Ribadisco quello che è stato detto in alcuni degli interventi, sia da parte della maggioranza, sia da parte dell'opposizione. Purtroppo, il calo demografico è una cosa che andrà comunque ad incidere sul futuro di questo Paese, che andrà ad incidere su tutto il sistema sociale, che andrà ad incidere sulla struttura del Paese, che se non riuscirà a mettere mano a delle politiche affinché vi siano dei nuovi nati, affinché vi siano delle famiglie che possano comunque avere un aumento di quella che è la natalità, si troverà veramente di fronte a seri problemi, non solo da un punto di vista generazionale ma anche da un punto di vista economico. Quindi, credo che, comunque, sia stato importante questo dibattito e credo anche che sia importante la collaborazione da parte dei vari gruppi politici per tentare di venire fuori da uno dei problemi che, a mio modo di vedere, sarà uno dei problemi fondamentali per il futuro di questo Paese. Quindi, vi ringrazio degli spunti di queste mozioni e, a mio modo di vedere, dobbiamo cercare di lavorare assieme per vedere se intanto si riesce a fare già una cosa unica, ma, al di là di questo, se non si riuscisse a fare una cosa unica, lavorare assieme perché penso che sia una tematica delle più importanti che dovremo affrontare nel prossimo futuro. Quindi, grazie all'Aula.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.