Lettera aperta al quotidiano Libertà del Sig. Vittorio Melandri
Egregio direttore,
l'amico Stefano Pareti dispone di una
inesauribile riserva d'amore per la sua
e nostra città, e pescandovi generosamente a piene mani, da tempo si impegna a proporre "cose", critiche costruttive comprese, a favore di Piacenza. Da
ultimo su Libertà del 29 settembre ha
espresso un invito rivolgendosi a tutti,
cittadini semplici e forze politiche ed
altri ancora, ben riassunto dal titolo che
la redazione ha scelto per lanciarlo:
"Cara Piacenza, cercati una vocazione".
Ne sono seguiti una serie di interventi
stimolanti, da ultimo quello di Lucia
Cerri il 6 ottobre, che a mio parere ci mette in guardia dal pericolo maggiore che corre la nostra comunità, quello, per dirla con sue testuali parole, che
prevalga «assuefazione, disinteresse,
rassegnazione, manipolazione, adattamento, visione corta e spezzata, delega costante, resa incondizionata a tutto ciò che non stimola l'uso dei personali neuroni», se così fosse, per dirla con
Cerri, ci ridurremo bolliti come la rana
di Noam Chomsky, ma con una aggravante, che nella pentola da tempo ci siamo saltati da soli. L'occasione dell'ormai
prossima campagna elettorale per l'elezione di Sindaco e Consiglio Comunale ci metterà alla prova, e se saremo capaci di raccogliere l'invito di Stefano, e
sventare il rischio evocato da Lucia, lo
dirà a breve la storia. Credo nel frattempo possa essere d'aiuto però rinfrescarci la memoria. Sono più di vent'anni,
dal 15 novembre 1999 che in città è cominciata quella che l'On. Tommaso Foti ebbe a battezzare, con il suo collaudato sarcasmo, "l'annosa saga degli Stati generali". Cambiando ogni volta nome, dapprima Patto territoriale per Piacenza e poi Patto per Piacenza, e poi
Piano strategico per Piacenza e pure un
Secondo Piano strategico per Piacenza, purtroppo però "dalla montagna", si
è sempre, partorito il solito topolino, e
la città continua ad assomigliare ad uno
stagno, anche se a furia di lanciarci sassi dentro, è rimasto pure uno stagno
senz'acqua. È vero come dice ancora Cerri che
«l'eterna diatriba fra corpo e anima, fra
fisicità e spiritualità, fra concretezza di
guadagno e valori pensati come alti e
intangibili», ha come possibile, se non
unica risposta «che senza corpo non
esiste nulla», perché, ci ricorda ancora
Lucia citando il padre dell'analisi transazionale Eric Berne, «si è nati per essere» ma a mio parere resta a Piacenza
troppo forte, per evitare di misurarcisi,
la vocazione di sempre, ben descritta
da un motto che ho trovato nel vocabolario "piacentino-italiano" di Guido
Tammi: "fä sod in sla cappella d'un ciod
o in sla pell d'un piöcc". Far soldi sulla
capocchia di un chiodo o sulla pelle di
un pidocchio … e metterli in banca.
Speriamo che sia la volta buona e che
almeno nello stagno torni un po' d'acqua.
Vittorio Melandri
Libertà