Mercoledì il voto. Rispetto al Ptcp del 2010 cadono alcuni paletti sugli invasi
Il consiglio provinciale dei dieci sindaci - o amministratori dei comuni - si riunirà per l'ultima volta del suo mandato mercoledì alle 17, nella sala di corso Garibaldi dove all'angolo c'è il busto accigliato di Giuseppe Verdi. Quattro giorni dopo - domenica 29 - quello stesso consiglio verrà rinnovato dal voto degli oltre 500 colleghi dai quarantasei comuni, ma la seduta prevista per mercoledì non sarà un semplice saluto: l'eredità che questo consiglio aveva raccolto dal precedente e ora è pronto a chiudere è infatti quella per nulla facile del Piano territoriale di area vasta (Ptav), quel maxi documento da centinaia e centinaia di pagine chiamato a prendere il posto del Piano territoriale di coordinamento provinciale (fu il Ptcp del 2010) in cui sta scritto quel che si potrà fare e quel che non si potrà fare, a partire da una robusta radiografia di ogni comune. Un libro del futuro che nasce da una volontà presente (forzatamente) bipartisan, cui hanno lavorato tutti, destra e sinistra, e che quindi dovrebbe nascere in un clima completamente diverso dal Ptcp che, invece, nell'estate dell'approvazione del 2010, non piacque a nessuno. Della logistica contenuta nel Ptav già abbiamo parlato: ci sono paletti specifici sui poli, per garantire più ordine e la tanto declamata sostenibilità. Ma un altro capitolo meritevole di attenzione è quello delle dighe, su cui abbiamo chiesto un chiarimento direttamente al direttore generale della Provincia Vittorio Silva. « Il Ptcp escludeva la possibilità di realizzare una diga, mentre il Ptav la considera una opzione da valutare. Non vuol dire fare la diga, sia chiaro. Vuol dire che tra le opzioni da considerare per risolvere la necessità di approvigionamento della risorsa idrica si contempla anche la possibile realizzazione di invasi. Naturalmente secondo principi che tengano conto dell'impatto sull'ambiente e altri criteri». Rispetto al 2010 di certo sembra passata un'era: «La soluzione anni fa non era ritenuta praticabile anche alla luce del piano regionale di tutela delle acque. Oggi comunque un progetto del genere non lo decide la Provincia da sola», chiarisce Silva, riferendosi anche alla riforma che dal 2014 - dieci anni - ha privato l'ente di funzioni strategiche e anche dell'elezione diretta dal popolo. «Serve una pianificazione specifica, mentre il Ptav è un piano di strategie», conclude Silva. In vista del consiglio di mercoledì, sulla sua pagina Facebook il consigliere provinciale Giampaolo Maloberti, dopo la mancata ricandidatura, ha voluto intanto dedicare un pensiero all'ex presidente del Consorzio di Bonifica Fausto Zermani, morto all'improvviso nel settembre 2020: «Ci siamo lasciati parlando di acqua, di dighe, di territorio. Spero gli faccia piacere sapere che il 25 settembre votando il Ptav verrà abrogata quella assurda norma del Ptcp che impedisce di realizzare opere trasversalmente ai fiumi. Dighe e traverse per intenderci. L'abbiamo voluto fortemente anche e soprattutto per lui». Zermani aveva avviato anche un tavolo di confronto nella sede di strada Valnure per arrivare a un progetto sull'ipotesi della diga a Olmo di Farini. Di Olmo se ne parlò nei corridoi già nei dibattiti del Ptcp, nel 2010, con l'amministrazione Trespidi, quando si arrivò dopo 4 consigli, 4 commissioni conoscitive, 177 macroaccorpamenti di osservazioni da analizzare al via libera al documento. Vero che al tempo la normativa regionale blindava l'ipotesi diga, ma vero anche che vennero approvati uno dopo l'altro una sfilza di ordini del giorno politici che misero al centro anche l'articolo 100 del Ptcp, quello del veto più pesante su Trebbia, Nure, Aveto: «Vogliono violentare l'articolo 100», disse il consigliere Marco Bergonzi al tempo (Pd), parlando di una bulimia da votazione. Fu proprio in quelle alzate di mano a tarda sera che passò l'osservazione 36.6, accolta dagli uffici, che chiedeva a nome di Tommaso Foti, oggi in senato, «di indicare la realizzazione di invasi, con studi già in corso (il riferimento era al progetto Annibale di Confagricoltura) tra le misure di tutela quantitativa delle acque». Gianluigi Boiardi di Nuovo Ulivo tentò di alzare il muro chiedendo che con invasi non si definisse una diga vera e propria. Di fatto, da allora, non si è fatto nulla della diga. Non si è arrivati nemmeno a una revisione chiara del disciplinare nel frattempo scaduto perché la diga del Brugneto molli finalmente più acqua al Piacentino. Vediamo cosa succederà mercoledì, quando si discuterà anche di bilancio consolidato, procedimenti disciplinari, nuovo indirizzo del Mattei a Fiorenzuola e conservatorio Nicolini.
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