LA REPLICA A DE MICHELI (PD)
Foti e l'impasse del "Polo del ferro"
«Serve un pressing corale sui privati»
Il deputato di FdI ribatte a De Micheli (Pd)
«Lo stallo del progetto di logistica sui binari
non dipende da inadempienze del Comune»
Paola De Micheli dice: il Comune
si dia una mossa perché il progettato Polo del ferro è fermo e Piacenza
rischia di perdere un bel po' di investimenti pubblici e privati. Tommaso Foti risponde: anziché gettare la
croce sulla giunta Barbieri ci si attivi per una corale azione della politica nei confronti dei soggetti privati, veri responsabili dello stallo.
La deputata del Pd ex ministra ai trasporti e il collega di FdI capogruppo
del suo partito in commissione Lavori pubblici della Camera incrociano le lame sulla partita infrastrutturale più rilevante che sul nostro territorio si sta giocando. Una partita
di rango nazionale il Polo del ferro,
punta a spostare dalla gomma ai binari il trasporto delle merci al polo
logistico di Le Mose, togliendo così
di mezzo camion e inquinamento:
è la movimentazione intermodale
delle merci, dalla certificata sostenibilità ambientale.
Concretamente si tratta di trasferire alla Granella, area privata accanto al polo logistico, lo scalo merci che
sta alla stazione ferroviaria, un trasferimento per tappe progressive, di
fascio di binari in fascio di binari (fino a dieci), progetto per il quale ballano 40 milioni di euro di Rfi (Rete
ferroviaria italiana) più le risorse che
ci metterebbe Hupac, colosso svizzero della logistica che ha scommesso sul nuovo polo piacentino.
A metà 2017 è scaduta la convenzione urbanistica siglata nel 2004 tra il
Comune e il Consorzio (Ap3) di soggetti privati (Ikea, Generali properties e la Real Estate Strategie Immobiliari dell'imprenditore Rossetti)
che avrebbe dovuto realizzare le
opere ferroviarie alla Granella. Nel
novembre 2019 a Palazzo Farnese è
stata firmato un protocollo interistituzionale che poggia sulla permuta
dell'area dello scalo merci alla stazione che Rfi si impegna a liberare
(vi si potrebbero ricavare parcheggi per i pendolari e l'autostazione dei
bus) con la Granella dove fare il nuovo hub della logistica intermodale.
In un intervento di nove giorni fa (v.
"Libertà" del 13 novembre) De Micheli ha segnalato che, a fronte dei
«lavori di modifica del raccordo sul
lato nord della ferrovia PiacenzaCremona» avviati da Rfi, «insieme
al potenziamento del terminal a cura di Hupac», e quindi a fronte
dell'impegno «da parte dello Stato
e delle istituzioni sovraordinate», sono invece al palo «le attività di raccordo sul lato sud, a cura del Consorzio quale obbligo convenzionale». «La partita decisiva si gioca a livello locale», ha concluso la deputata dem esortando il Comune a dare «un nuovo impulso perché le opere siano portate a termine».
«L'unica colpa che ha la giunta Barbieri è di avere ereditato una convenzione che le precedenti giunte
di sinistra, in 13 anni di validità (dal
2004 al 2017, ndr), sono riuscite a fare scadere», è la risposta che di rimando arriva da Foti. Al quale, «lungi dal volere polemizzare con l'on.
De Micheli», preme chiarire che attribuire lo stallo al Comune è «frutto di sommaria e imprecisa informazione». Nella sua ricostruzione
parte da quella convenzione urbanistica che «non ha trovato attuazione proprio nella parte riguardante
le opere ferroviarie ubicate esternamente al comparto e precisamente
all'interno dell'ambito AP6 – Granella», ovvero «il cosiddetto "fascio
di presa e consegna" in area AP6, insieme alle "opere ad esecuzione obbligatoria"». Il fatto che la convenzione urbanistica sia scaduta, «comporta per il Comune non la facoltà
ma l'obbligo di raggiungere l'obiettivo in essa previsto, senza per altro
potersi sostituire all'operatore che
doveva intervenire e ciò, se non altro, per le evidenti responsabilità che
esporrebbero i suoi amministratori di fronte alla Corte dei conti», ammonisce l'onorevole di FdI.
Quanto al protocollo d'intesa del novembre 2019, «importante per definire i ruoli dei vari attori politico-istituzionali, non vede tra i suoi sottoscrittori né il Consorzio uno AP3
(avendo lo stesso contestato che il
perimetro di intervento previsto dal
protocollo presentava un'ampiezza
maggiore rispetto all'originario progetto della convenzione scaduta),
né Hupac, società evocata dall'on.
De Micheli ma che non risulta in atti essere parte della originaria compagine dei soggetti attuatori
dell'opera», osserva Foti. E se «nessuno dubita, come si legge nelle premesse del protocollo del 2019, che
la Regione Emilia-Romagna "individua inoltre lo scalo Piacenza Le
Mose tra gli impianti principali del
Sistema di trasporto merci regionali, come già indicato nell'accordo di
programma tra Ferrovie dello Stato
e Regione del 28 luglio 2009", peccato che quel piano, trasmesso da
ormai due anni dalla giunta regionale non sia mai stato esaminato e
approvato dall'assemblea legislativa dell'Emilia-Romagna», segnala
con ruvida annotazione.
Per contro, «quanto la questione stia
a cuore della giunta Barbieri lo attesta anche - da ultimo - l'incontro che
la stessa ha avuto a Roma il 26 ottobre 2021 con i vertici di Rfi», informa l'onorevole avvertendo che, «per
potere dare avvio alla prima fase del
protocollo, il Comune è ancora in
attesa del deposito del progetto definitivo, da parte dei soggetti attuatori», cioè il Consorzio Ap3: «Solo
successivamente a detto adempimento il Comune potrà avviare le
successive fasi connesse alle procedure per l'acquisizione delle aree
mediante istituzione del vincolo
espropriativo, essendo il Piano attuativo scaduto, oltre ad accertare
l'iter afferente la procedura della Valutazione d'impatto ambientale».
Senza, cioè, quel progetto definitivo il Comune ha le mani legate per
avviare sia l'esproprio della porzione di area che rimane da acquisire
sia gli approfondimenti di legge sugli aspetti ambientali.
«Come si converrà la situazione è
tutt'altro che facile, essendo l'alternativa alle altrui inadempienze
quella di instaurare da parte del Comune un contenzioso in sede civile la cui definizione richiederebbe
anni», tira le fila Foti bollando al tempo stesso di illiceità «la ventilata pretesa di qualche "convitato di pietra"»
di realizzare l'opera «eludendo il codice degli appalti». Serve invece
«un'azione corale di politica e istituzioni nei confronti dei soggetti privati coinvolti: risulterebbe più produttiva di tentare di gettare responsabilità sulla giunta Barbieri».
Libertà