Data: 27/02/2013
E' stato eletto, ma non entra alla Camera e resta a casa. Riprenderà forse già lunedì la sua attività da dirigente d'azienda nel settore agroalimentare, timbrerà tutte le mattine il cartellino e si porterà nel cuore i suoi vent'anni da parlamentare. Qualcuno gli ha consigliato di fare ricorso, ma lui ricorda con onestà di aver votato la stessa legge che lo ha beffato. Chapeu.
L'onorevole di fede interista Tommaso foti, in politica da quando aveva sedici anni e si iscriveva al Fronte della Gioventù, entrato in consiglio comunale a venti e "enfant prodige" che rilasciò la sua prima intervista a sette anni (a Il Richiamo, il giornalino della Santissima Trinità) ringrazia Piacenza, si toglie qualche sassolino dalle scarpe e chiarisce di non avere alcuna intenzione di mollare la politica.
Dopo quattro mandati consecutivi si chiudono le porte della Camera per Lei. Tornasse indietro, si ricandiderebbe in Fratelli d'Italia?
«Sono stato beffato della legge che ho votato. Una serie di sfavorevoli condizioni mai verificatesi nel passato - ma c'è sempre una prima volta - fa sì che Viviana Beccalossi ed io, per i voti conseguiti eletti, stiamo a casa. Al nostro posto, entrano amici che si sono piazzati rispettivamente all'undicesimo e al sedicesimo posto. Ho aderito a Fratelli d'Italia perché ritenevo utile recuperare i voti dei delusi dal Pdl. Se vi fosse stata un po' più di lucidità e ci fosse stato consentito di fare una campagna elettorale televisiva che, invece, ci è stata preclusa, il centrodestra avrebbe vinto».
Su Facebook, ha scritto che il nuovo partito è servito anche a selezionare gli amici. Poi, la stoccata. Ha scritto anche che in tanti hanno preferito seguire il gregge. Si riferisce a qualcuno di Piacenza?
«Assolutamente no. Su Facebook, che voi leggete con molta attenzione, esprimo valutazioni che non hanno valenza provinciale. Mi riferivo ad alcuni amici che un paio di mesi fa sostenevano a tutti i costi la necessità di dare vita ad un nuovo movimento politico e che poi, improvvisamente, sono stati folgorati sulla via di "Santa Poltrona"».
Ha promesso di non ritirarsi a vita privata. Come si immagina fra un anno e come immagina l'Italia dopo un voto choc che ha bloccato il Parlamento?
«Ho la passione per la politica e continuerò a farla. Tra un anno, m'impegnerò nelle elezioni amministrative che interesseranno il territorio piacentino, battendomi per fare vincere il centrodestra. Quanto al futuro della politica italiana, il risultato uscito dalle urne è la conseguenza della cattiva politica che si è praticata. Una colpa al riguardo l'abbiamo tutti».
La più grande soddisfazione e il più grande rimpianto di foti parlamentare.
«L'approvazione della legge riguardante il bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi, unitamente a quella sul terremoto in Emilia, mi hanno dato sicuramente grande soddisfazione. Resta invece il rimpianto per la mancata approvazione della legge sui Borghi antichi d'Italia che, votata unanimemente alla Camera nelle due ultime legislature, non ha mai ottenuto il sì definito del Senato».
Si aspettava l'exploit del Movimento Cinque Stelle? Spicca soprattutto una marcata presenza dei nuovi elettori.
«I giovani sono delusi perché non vedono prospettive per loro di un futuro accettabile. L'opinione pubblica ha visto, per troppi mesi, succedersi scandali a raffica. O la politica capisce che è ora di fare pulizia e smetterla con l'autoassoluzione di questo o di quello o sarà la piazza ad obbligarla a farlo. Quando il vento della protesta tira, non basta alzare le mani per fermarlo: vale a Piacenza, come in ogni altra provincia».
Un giudizio su Silvio Berlusconi.
«Il migliore federatore possibile del centrodestra. Peccato che sia l'unico».
A Piacenza sembra essersi fatto sentire una sorta di innegabile "effetto foti". Fratelli d'Italia ha raccolto il doppio dei consensi rispetto ai dati nazionali. Perché Piacenza l'ha votata per tutti questi anni?
«Ringrazio di cuore sia i piacentini che mi hanno votato in Fratelli d'Italia sia quelli che, in passato, mi hanno votato nel Msi, in Alleanza Nazionale e nel Popolo della Libertà. Li ho sempre rappresentati al meglio delle mie capacità e con coerenza. Spero di non averli delusi troppo».
Onestamente, onorevole, ha fatto più male non essere entrato in Parlamento per la quinta volta o aver perso le elezioni provinciali contro Gianluigi Boiardi?
«Chi fa politica sa bene che non si può vincere sempre. Stavolta ho vinto ma resto a casa per un'interpretazione perversa della legge elettorale. Con Boiardi ho perso quando nessuno nel centrodestra credeva neppure fosse possibile arrivare al ballottaggio».
Ora, come professione, sulla carta d'identità, cosa scriverà? Tornerà nell'azienda in cui lavorava vent'anni fa?
«Certo. Torno a fare il dirigente d'azienda. Spero di riuscire a riavere quelle soddisfazioni che, in passato, ho avuto».
La prima sensazione che ha provato la mattina dopo il voto.
«Mi sono alzato convinto di essere stato confermato deputato, giusto quanto mi era stato comunicato nella notte. Poi mi è arrivata una telefonata per annunciarmi la beffa di cui sono stato vittima. Il mio interlocutore, che mi conosce superficialmente, mi ha consigliato - con toni accalorati - di fare ricorso. Ma ce lo vede, lei, foti che ricorre contro uno dei suoi? Penso di no. E se è così mi conosce bene».
da Libertà