Dopo l'ok in Aula alla riforma, la maggioranza fibrilla Tensioni su Lep e competenze
Non si placano le tensioni all'interno della maggioranza dopo l'approvazione del ddl Calderoli sull'Autonomia differenziata. Il giorno dopo i festeggiamenti della Lega nel vicentino, con Matteo Salvini a sbandierare il vessillo della Serenissima sul palco insieme al governatore Luca Zaia, ci pensa ancora Forza Italia a smorzare gli entusiasmi. Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera, in un'intervista stronca di fatto la riforma. L'Autonomia differenziata è «una legge monca di pezzi fondamentali», scandisce. «O la completiamo, - aggiunge - o corriamo il rischio di essere bocciati al referendum». Il deputato, dopo i dubbi sollevati nel merito dagli amministratori azzurri del Meridione, agita il timore sull'esito di un referendum abrogativo già annunciato dalle opposizioni. Poi alza il muro sulla questione dei Livelli essenziali di prestazione. Alla legge, spiega, mancano «prima di tutto la definizione dei Lep e i soldi per finanziarli». Finché non verranno definiti, ammonisce, non potranno partire i negoziati tra Stato e Regioni. Sulla possibile assenza di risorse per i Lep, frena anche il capogruppo di FdI alla Camera Tommaso Foti: «se non ci sono soldi non si faranno le intese». Mulè approfondisce quindi il rapporto tra esecutivo e governatori, richiamando al rispetto della «facoltà del Consiglio dei ministri di limitare il campo delle materie oggetto d'intesa ». Un riferimento velato ma non casuale, quest'ultimo, all'articolo 2 della legge approvata, plasmato anche grazie agli interventi di FdI e FI. Che attribuiscono al premier, così come ai ministri competenti, il potere di limitare il negoziato tra Stato e Regioni a singole materie. Non appena la legge sarà firmata dal presidente della Repubblica e pubblicata in Gazzetta, i governatori leghisti sarebbero pronti a chiedere subito il trasferimento delle competenze almeno su alcune delle nove materie per le quali non sono previsti i Lep. Mulè, però, lascia intendere che, anche su queste, l'ultima parola spetta all'esecutivo. Ai nervosismi interni alla coalizione di governo, si aggiungono anche i distinguo interni alla Lega. Con il candidato indipendente Roberto Vannacci, che resta freddo e spiega di non aver partecipato all'evento veneto perché ha «altro da pensare come eurodeputato ». Mentre resta alto il livello dello scontro tra centrodestra e opposizioni. «L'Autonomia differenziata era già in Costituzione dal 2001, votata dalla sinistra e non da noi. E Bonaccini era il tifoso numero uno», attacca Foti. «La destra è spaccata di fronte a una legge sbagliata e divisiva e si arrampica sugli specchi. Rispetto al nostro progetto, si tratta di due proposte diametralmente opposte», replica il presidente dem Bonaccini. Che, in vista delle dimissioni, parla di «tempi strettissimi» perché l'Emilia Romagna possa unirsi alle altre 4 Regioni disposte a chiedere il referendum abrogativo.
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