Audizione di Barbara Zanardi (cda) e del dirigente Chinosi: «Smaltire rifiuti costerebbe di più, il teleriscaldamento taglierebbe 3mila auto»
Spegnere l'inceneritore significa un aumento del 30% del costo di
smaltimento dei rifiuti, cioè delle tariffe della Tari, dal momento che è
con il gettito ricavato dall'utenza che
il servizio deve trovare copertura finanziaria. Parola di Giovanni Chinosi, direttore generale di Iren Ambiente. Che non poteva essere più
chiaro quando ha risposto alle sollecitazioni prima di Luigi Rabuffi
(Piacenza in Comune), e poi di Massimo Trespidi (Liberi), sulle prospettive del termovalorizzatore che la
pianificazione regionale prevede di
chiudere alla fine del 2020.
Chinosi è intervenuto ieri davanti
alla commissione consiliare dove
era in agenda l'audizione della rappresentante indicata dal Comune
di Piacenza nel cda di Iren, Barbara
Zanardi. Una richiesta, l'audizione,
salita sull'onda delle vibranti polemiche nella maggioranza sulla vendita di una quota di azioni Iren decisa dall'amministrazione. Scelta su
cui Zanardi, seppur incalzata da Antonio Levoni (Liberali piacentini) e
soprattutto da Trespidi, non ha inteso pronunciarsi perché è «una decisione politica su cui non si può dare che un giudizio politico e io posso darlo da cittadina, ma non vengo a dirlo qui nella veste di rappresentante di Iren». Zanardi, sul punto, si è limitata a osservare che tra i soci pubblici di Iren «la tendenza alla vendita è, a eccezione di Genova,
generalizzata». Vendita, però, di
quote libere dal patto di sindacato
su cui si regge la governance aziendale. E che servono per fare cassa
senza riduzioni del numero di seggi in cda (uno nel caso di Piacenza).
Ma è stato il futuro dell'inceneritore ad animare principalmente il dibattito. Che già era stato aperto da
Tommaso Foti (Fdi) in un recente
consiglio comunale in cui aveva ammonito dal rischio di aumento non
solo delle tariffe, ma anche dell'impatto ambientale se si dovessero trasportare e conferire a Parma i rifiuti piacentini. Altro che rischio, sarebbe una certezza, si è detto convinto Chinosi argomentando in
questo modo: «La chiusura del termovalorizzatore comporterebbe un
aumento del costo, si devono prendere i rifiuti solidi urbani, compattarli e portarli da un'altra parte che
dovrebbe venirci indicata dalla Regione (Parma oggi farebbe fatica ad
accogliere i rifiuti di Piacenza)». E al
di là del servizio di trasporto su camion che «farebbero 120 chilometri in più di adesso», è la necessità di
disporre e di far funzionare «una
centrale di compattamento» a costituire l'onere maggiore. Morale di
Chinosi: «I costi aumenterebbero
del 30%». E con loro le tariffe.
E se il dirigente Iren ha assicurato,
su domanda di Sergio Dagnino
(M5s), che la raccolta differenziata,
oggi al 61%, raggiungerà il 70% in
anticipo rispetto all'obiettivo del 2020, ha fatto notare che un indicatore «molto più utile è quanto recupero ho della materia differenziata». Ragion per cui, in tema di decisioni sulla quota di rifiuti comunque da smaltire «servono grande serietà, attenzione e semplificazione».
A partire dal «bilancio ambientale»
della chiusura dell'impianto di Borgoforte, tenendo anche conto del
contraccolpo sul teleriscaldamento, la rete su cui Iren sta investendo
somme ingenti scavando in città e
che prevede il calore prodotto
dall'inceneritore come una delle sue
fonti di alimentazione.
Zanardi ha quantificato in 90 milioni di tonnellate di polveri sottili risparmiate («Equivale a fermare
3mila auto») il beneficio sulla qualità dell'aria dell'entrata a regime del
teleriscaldamento. Che già è in parte in funzione alimentato da altre
centrali di Iren, ma che conoscerà
nel 2020 la prima stagione termica.
Senza dimenticare, ha sottolineato
Chinosi, che l'inceneritore di Piacenza, le cui emissioni sono minime, non solo «ha risolto il nodo dei
rifiuti sul nostro territorio», ma ha
anche «un rapporto di eccellenza
tra efficienza e costi di investimento, paragonabile a quello di Brescia».
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