Camera

Applicazione della 'Legge 194'; dare concreto sostegno alle madri che intendono portare a termine le gravidanze e difendere la vita

Data: 16/10/2018
Numero: 3-00249 / Interrogazione a risposta immediata
Soggetto: MINISTRO DELLA SALUTE
Data Risposta: 17/10/2018

Per sapere – premesso che: 

nel 2016, ultimo dato ufficiale disponibile risultante dalla relazione che annualmente il Ministro della salute trasmette al Parlamento « sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria di gravidanza », in Italia quasi 85.000 donne hanno deciso di non far nascere il proprio figlio; 

nonostante le cifre dimostrino un leggero calo, attestato intorno al 3 per cento, del ricorso alle interruzioni volontarie di gravidanza, il numero continua a essere tragicamente alto, soprattutto se considerato a fronte della pesantissima crisi demografica che affligge l'Italia ormai in modo cronico; 

la legge 22 maggio 1978, n. 194, attraverso la quale è stata introdotta nell'ordinamento la possibilità per le donne di ricorrere, con tempi e modalità determinate, all'interruzione volontaria di gravidanza, lo ha fatto sancendo, all'articolo 1, che « Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio », e che le norme introdotte devono garantire in primo luogo la tutela della maternità; 

l'articolo 2 della legge definisce il ruolo dei consultori, ai quali è assegnato, in particolare, il compito di « contribuire a far superare le cause che possono portare all'interruzione della gravidanza », informando le donne sui loro diritti e sui servizi di sostegno disponibili, nonché di formulare proposte agli enti locali per il sostegno alle maternità contrassegnate da particolari problematiche; 

nell'applicazione della legge n. 194 del 1978 permangono, tuttavia, forti criticità sia sotto il profilo della prevenzione e della comunicazione, in particolare tra le più giovani e nelle fasce sociali più deboli e disagiate, sia sotto il profilo delle possibili alternative per le donne che pensano di ricorrere all'aborto, laddove, invece, il legislatore voleva esaltare proprio questo ruolo dissuasivo rispetto al non portare a termine la propria gravidanza; 

in Italia quasi il 70 per cento dei ginecologi sono obiettori di coscienza, un numero in aumento nel 2016 rispetto agli anni precedenti –: 

quali iniziative di competenza intenda porre in essere perché sia data applicazione alle norme della legge n. 194 del 1978 relative alla prevenzione dell'interruzione volontaria di gravidanza, garantendo l'autodeterminazione della donna, potenziando i centri di aiuto alla vita e realizzando interventi di solidarietà, anche sotto forma di sostegno economico, per aiutare le donne in difficoltà, che intendano farlo, a portare a termine la gravidanza.

Interrogazione sottoscritta dai parlamentari: LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RIZZETTO, RAMPELLI, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI.

DIBATTITO IN ASSEMBLEA

PRESIDENTE. L'onorevole Montaruli ha facoltà di illustrare l'interrogazione Lollobrigida ed altri n. 3-00249 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmataria. 

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Grazie, Presidente. Signor Ministro, quarant'anni sono passati dall'approvazione della legge n. 194, quarant'anni in cui questo Paese, tuttavia, non dà un'alternativa alle donne alla pratica dell'aborto. La "194" ci dice di voler difendere la vita fin dall'inizio, ci dice che i consultori dovrebbero rimuovere le cause che portano una donna a richiedere l'aborto, ma poi non trova pienamente attuazione nel nostro Paese. Ottantacinquemila sono gli abortì che sono avvenuti l'anno scorso, il 60 per cento di questi è chiesto da donne che sono disoccupate o inoccupate. È evidente che sono aborti di necessità, e non scelte. Allora vi chiediamo, Ministro, se non intendete finalmente, visto che siete a parole il Governo del cambiamento, fare un'inversione di rotta e prevenire l'interruzione, andare a sostenere i centri di aiuto alla vita e, infine, garantire un piano economico per le donne che sono costrette ad abortire. 

PRESIDENTE. Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, Riccardo Fraccaro, ha facoltà di rispondere. 

RICCARDO FRACCARO, Ministro per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta. Grazie, Presidente. Rispondo sempre sulla base degli elementi informativi forniti dal Ministero della salute. I dati presentati nell'ultima relazione dell'attuazione della legge n. 194 del 1978, relativi all'anno 2016, confermano una diminuzione delle interruzioni volontarie di gravidanza del 3,1 per cento rispetto all'anno precedente. Se si considera l'intero arco temporale dall'entrata in vigore della legge n. 194, si potrà facilmente desumere che gli aborti in Italia sono più che dimezzati. Il rapporto tra il numero dei colloqui effettuati presso i consultori familiari (pari a oltre 57 mila) e quello dei documenti per poter prenotare le interruzioni volontarie di gravidanza (pari a circa 38 mila) dimostra che la legge è notevolmente efficace anche nella sua parte preventiva. Sebbene i consultori siano stati opportunamente delineati nel nostro Paese come strutture caratterizzate da massima accessibilità e da un rapporto informale tra operatori e utenti, in molte realtà essi presentano una carenza di risorse, sia umane che economiche. A tal proposito, il Ministro della salute ha promosso e finanziato la mappatura dei consultori e l'analisi delle attività da essi posti in essere. Inoltre, nell'ambito di un protocollo di intesa sottoscritto tra il Ministero della salute e il MIUR, è stata definita una proposta di linee guida nazionali per l'educazione all'affettività, alla sessualità e alla salute riproduttiva nelle scuole, che devono ancora essere adottate ufficialmente. Nella recente indagine nazionale "Studio nazionale fertilità" è emerso che, per il 94 per cento dei ragazzi, debba essere la scuola a garantire l'informazione sui temi della sessualità e della riproduzione. Tuttavia, solo il 22 per cento degli adolescenti vorrebbe ricevere queste informazioni dai propri docenti, mentre il 62 per cento vorrebbe personale esperto, esterno alla scuola. Considerato che il consultorio familiare mantiene la propria connotazione di servizio di base fortemente orientato all'informazione e alla promozione della salute, è auspicabile che al suo interno venga assicurata la necessaria integrazione tra figure a competenza prevalentemente sanitaria e quelle a competenza psicologica, educativa e socioassistenziale, attraverso il lavoro di équipe. Attesi i buoni risultati raggiunti nel campo della prevenzione, il Ministero della salute crede fortemente in questo rinnovato approccio, che vede i consultori al centro di una rete integrata di natura sociale e sociosanitaria. Si ritiene, dunque, che vi possano essere le condizioni per raggiungere in un prossimo futuro un livello di sostegno ancora maggiore alla donna, per consentirle di esercitare liberamente la propria scelta, che in nessun modo deve essere influenzata dalle condizioni socioeconomiche della stessa, in relazione alle quali questo Governo sta attuando misure di sostegno importanti a favore delle cittadine e dei cittadini, soprattutto quelli meno abbienti. 

PRESIDENTE. L'onorevole Montaruli ha facoltà di replicare. 

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Mi perdoni, Ministro, però da un Governo che sponsorizza il reddito di cittadinanza viene strano che dica di "no" al reddito di gravidanza, che invece chiediamo noi. Il reddito di gravidanza sarebbe un sostegno alle donne che hanno una gravidanza, per l'appunto, e si trovano costrette, invece, ad abortire per ragioni economiche. Prendiamo atto che, invece, questo tema non vi interessa e per voi è solo un dato numerico. Allora, venendo ai numeri, gli 85 mila aborti che si sono verificati lo scorso anno non sono una vittoria. È vero, sono diminuiti rispetto al 1983, ma sono diminuite anche le nascite, non si sono trasformate in nascite quegli aborti che non sono avvenuti e che rappresentano lo scarto tra il 1983 e il 2018. Esiste una città di bambini invisibile, che non c'è più in Italia. Ogni anno sparisce una città di bambini, della dimensione pari a capoluoghi come quello di Como, perché si tratta di 85 mila aborti l'anno e questa è l'immagine che viene data ogni anno. E vengo ancora ad un ultimo aspetto. Suona assolutamente strano che non vogliate dare piena attuazione a dei principi che sono già scritti nella legge n. 194 del 1978: la società che noi vogliamo è quella in cui l'aborto è consentito, ma nessuna donna è costretta a ricorrere all'aborto e quindi noi non chiediamo di modificarla, noi chiediamo che voi la applichiate e la applichiate nel modo giusto, dando un sostegno alla vita. Perché quando si tratta di sostegno alla morte o di uteri in affitto o di commercializzazione di bambini, su quello non si dice mai niente, anzi ci sono sindaci, addirittura, come il sindaco Appendino a Torino che li promuove; quando invece si tratta di sostegno alla vita, mi sa che siete un po' intimoriti (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

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TommasoFoti
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