Rassegna Stampa

Ultimo duello sulla manovra - Scudo penale fuori dal testo

Data: 21/12/2022

IMPASSE IN COMMISSIONE ALTOLÁ DEL MEF ALLA CAMERA SCINTILLE SULLA MORATORIA

Niente «scudo» penale agli evasori. Si consuma attorno all'idea di una moratoria dei reati fiscali, sostenuta da Forza Italia, l'ultimo scontro sulla manovra. Non solo con le opposizioni, pronti alle barricate, ma anche all'interno della stessa maggioranza. A chiudere la partita la premier Giorgia Meloni e il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, decisi a non far passare l'idea di un governo che strizza l'occhio agli evasori totali. L'esame della legge di Bilancio va al rallentatore in commissione tanto che nell'ennesimo pomeriggio di melina alla Camera fa scattare l'altolà del Mef: il Parlamento voti, se vuole. Ma se non vuole, il governo è pronto a mettere la fiducia sul testo uscito dal Consiglio dei ministri. Fatta salva la retromarcia sull'altra norma che tanto ha sollevato polemiche, quella sulle sanzioni, cancellate nell'idea originale, per chi non accetta il Pos. Una sorta di «provocazione» quella arrivata dai piani alti del governo, per mandare a tutti il messaggio che se si vuole portare a casa qualche modifica il tempo stringe. Anzi, di fatto è quasi finito. I ritardi dei lavori, che dopo una settimana circa non hanno portato a nessuna approvazione in commissione, avvicinano lo spettro dell'esercizio provvisorio che si cercherà di scongiurare con una seduta notturna in Bilancio e poi con una corsa in Aula dove il voto sarà blindato con la fiducia e porterà con probabilmente al primo ok il 24 dicembre. Un ritardo tutto da attribuire alla maggioranza che «non si mette d'accordo su niente», protestano le opposizioni, pronte anche alle «barricate», come annunciava il Movimento 5 Stelle, per sventare il blitz sui reati fiscali. «Salta il banco», minacciava il Pd a metà giornata, dopo una nottata trascorsa in commissione con l'ennesimo nulla di fatto e riunioni bilaterali dei partiti col Mef per cercare una quadra anche sulla distribuzione del tesoretto, ridotto a circa 200 milioni dopo la valanga di modifiche depositate in commissione dallo stesso governo, cinque maxi-emendamenti con oltre un centinaio di proposte. Tanto che almeno una ventina potrebbero essere espunte dal pacchetto del governo e tornare di matrice parlamentare. Ancora prima che scoppiasse il caso «condono», a complicare i lavori c'era stata la defezione del Terzo Polo che ha abbandonato la commissione in protesta per il nulla di fatto nonostante diversi giorni trascorsi in commissione. «Inutile e imbarazzante», secondo Carlo Calenda. Ma il vero nodo che teneva in ostaggio la manovra, a detta di molti, era proprio quello del «lodo Sisto». Un testo, in realtà, non era mai arrivato in commissione. Era «la proposta di un singolo, mai condivisa in maggioranza», taglia corto il capogruppo di Fdi alla Camera Tommaso Foti, per togliere alle opposizioni il vessillo della «vittoria» sbandierata dopo l'annuncio che l'emendamento effettivamente non ci sarà. Un modo di scaricare su Fi la responsabilità di una proposta su cui il viceministro alla Giustizia, osservano in casa degli azzurri, lavorava da giorni con il Mef e di cui tutti sapevano. E nessuno, fino ieri, almeno nella maggioranza, aveva avuto niente da obiettare. A fare saltare lo scudo sarebbe stata l'insistenza a fare rientrare non solo gli errori nelle dichiarazioni o i mancati pagamenti nel 730 ma anche l'omessa dichiarazione. L'idea di aprire anche agli «evasori totali» sarebbe stata respinta sia dal Mef sia da Palazzo Chigi.

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TommasoFoti
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